Onorio Cenni I4CIV
Premessa
Questo articolo trae origine da un
oggetto che avevo ricevuto in regalo dall’amico Aurelio IK4MEB, il quale mi proponeva
di trasformare un modulo amplificatore TV in un amplificatore per i 70 cm. Contento
per l’oggetto ricevuto risposi che avrei tentato di realizzare quello che mi suggeriva
facendo, nel contempo, esperienza su di un modulo amplificatore che non avevo mai avuto
fra le mani.
Cenni sul modulo
Si tratta di modulo amplificatore
per la TV digitale terrestre per la banda IV e V realizzato con tecnologia
microstrip che monta due LDMOS marcati MRF377H canale N prodotti dalla Freescale
Semiconductor. Ciascun LDMOS è composto da un doppio mosfet di potenza in
configurazione push-pull (coppia di due in parallelo) progettati per lo
specifico impiego come amplificatori televisivi in classe AB per la frequenza da
470 a 860 MHz con un guadagno in potenza di circa 16,7 dB. impedenza
input/output pari a 50 ohm (1)
Il modulo detto anche pallet (foto n.1), è molto compatto e realizzato in modo
professionale. Ho cercato in “rete” per avere qualche informazione in più, ma
purtroppo non sono riuscito a reperire nulla. Allora ho cercato di risalire
allo schema elettrico mediante una attenta osservazione della realizzazione. La
costruzione del modulo è piuttosto complessa e la sua progettazione penso, come
per la maggior parte di altri progetti del
genere, abbia origine partendo dalle note tecniche prodotte dai costruttori dei
semiconduttori. Le applicazioni tecniche sperimentate sulla componentistica e
proposte dalle case produttrici dei semiconduttori sono un ottima base di
partenza per mettere in atto le migliori soluzioni ed adeguarle alla
realizzazione di progetti specifici. Posizionando il modulo, partendo dal basso
con il lato minore disposto verso l’osservatore, possiamo identificare subito l’ingresso
RF che si trova sul lato sinistro il quale mediante una ibride 90° della Anaren
divide il segnale che proviene dall’eccitatore
in due parti uguali per inviarlo nell’ingresso dei gate delle due coppie di
mosfet. Continuando nella osservazione possiamo individuare i componenti
deputati a fornire le tensioni di bias, per il quale ho provveduto ad
interrompere, sul circuito stampato, una pista per collegarla ai contatti
normalmente aperti di un relè..
Proseguendo nella osservazione (foto n.2) si vedono che le strip-line entrano sugli
ingressi dei gate ed escono dai drain delle coppie dei mosfet inoltre ci sono altri
componenti che servono a by-passare le piste che alimentano i vari stadi.
Infine verso il lato superiore si notano che le uscite dei due drain vanno ad
un dispositivo che provvede a sommare la potenza fornita da ciascuna coppia di Mosfet Questo modulo amplificatore è
alloggiato su di una generosa piastra di ame dalle dimensioni di 90 x 84 x 6
mm. La potenza di questo amplificatore dovrebbe essere di circa 160 W per un impiego
tipico televisivo in modalità DVB-T (ATSC). Così, dopo aver rilevato lo schema
elettrico del pallet, che è l’elemento fondamentale dell’amplificatore, per
realizzare e descrivere un amplificatore completo dobbiamo fare riferimento
alla fig. n.1 che riporta lo schema
a blocchi del sistema utilizzato
2
Circuito di misura della potenza di uscita, della
tensione di alimentazione e rilevazione della corrente assorbita con protezione
per massima corrente.
3 Circuito di protezione per la massima
temperatura del dissipatore, circuito di protezione per sovra-pilotaggio di
potenza in ingresso oltre al circuito di protezione in caso di VSWR in uscita
superiore a 3:1.
4 Ventilazione predisposta in modo continuativo
con bassa sonorità ambientale e con funzionamento a regime delle ventole quando
si passa in trasmissione oppure nel caso di intervento della protezione di
massima temperatura resta attivo il raffreddamento del dissipatore.
5
Filtro passa basso per alta potenza con
bassa perdita di inserzione e relè coassiale di antenna.
6 Un compatto contenitore dalle dimensioni 330
x 100 x 90 mm.
Di seguito descrivo le soluzioni adottate per
ciascun punto sopraindicato.
- 1 - Alimentatore
La tensione di alimentazione per
i MOSFET è di 32 V mentre la corrente massima assorbita da ciascun dispositivo
è di 17 A. L’amplificatore, alimentato cautelativamente con 30 V, necessita di
una corrente massima di circa 30 A. Al momento non disponendo di un
alimentatore del genere ho provveduto a fornire una tensione leggermente
inferiore e pari a 28 V con una corrente massima disponibile di 25 A.
L’alimentatore è stato realizzato collegando in serie due alimentatori identici
(foto n.3) di provenienza ex personal computer
che ho modificato per avere una tensione stabilizzata e regolabile da 12 a 14 V.
Per la protezione contro il sovraccarico, gli alimentatori sono dotati di un fusibile, mentre per la protezione contro i cortocircuiti è presente un dispositivo elettronico di protezione. E’ inoltre presente una protezione per sovratemperatura. Nel caso si voglia utilizzare la soluzione proposta, evidenzio l’importanza di collegare, come da schema fig. n.2, due diodi opportunamente dimensionati, in grado di proteggere contro i guasti gli alimentatori nel caso in cui uno dei due interrompa, per qualche motivo, l’alimentazione (2).
Per la protezione contro il sovraccarico, gli alimentatori sono dotati di un fusibile, mentre per la protezione contro i cortocircuiti è presente un dispositivo elettronico di protezione. E’ inoltre presente una protezione per sovratemperatura. Nel caso si voglia utilizzare la soluzione proposta, evidenzio l’importanza di collegare, come da schema fig. n.2, due diodi opportunamente dimensionati, in grado di proteggere contro i guasti gli alimentatori nel caso in cui uno dei due interrompa, per qualche motivo, l’alimentazione (2).
- 2 – 3 – 4 Circuiti di protezione e misure
Per salvaguardare l’integrità
dell’amplificatore in caso di un uso improprio o per causa di guasti interni, (foto n.4)
sono previste le seguenti protezioni capaci di intervenire rapidamente, per interdire il funzionamento dell’amplificatore a seguito di un comando proveniente dai sensori di controllo, fig. n.3.
In condizioni normali, quando l’alimentatore switching fornisce la tensione di 28 V, questa viene applicata ad un capo della bobina del Relè RL1, mentre l’altro capo della stessa bobina è collegato in serie alla sonda di temperatura T1 che in condizioni normali presenta i suoi contatti chiusi consentendo quindi all’altro capo della bobina del Relè di essere collegata al negativo dell’alimentatore. In queste condizioni RL1 si eccita attivando il contatto che passa dalla posizione di normalmente aperto (NO) a quella di chiuso cosi da poter fornire la tensione di alimentazione al pallet amplificatore RF. In questa condizione le ventole girano a bassa velocità perché l’alimentazione avviene attraverso il diodo D3, la resistenza di 68 ohm – 5 W ed il diodo D4. Il dispositivo si trova in condizione di stand-by mostrando il LED giallo acceso (READY).
sono previste le seguenti protezioni capaci di intervenire rapidamente, per interdire il funzionamento dell’amplificatore a seguito di un comando proveniente dai sensori di controllo, fig. n.3.
In condizioni normali, quando l’alimentatore switching fornisce la tensione di 28 V, questa viene applicata ad un capo della bobina del Relè RL1, mentre l’altro capo della stessa bobina è collegato in serie alla sonda di temperatura T1 che in condizioni normali presenta i suoi contatti chiusi consentendo quindi all’altro capo della bobina del Relè di essere collegata al negativo dell’alimentatore. In queste condizioni RL1 si eccita attivando il contatto che passa dalla posizione di normalmente aperto (NO) a quella di chiuso cosi da poter fornire la tensione di alimentazione al pallet amplificatore RF. In questa condizione le ventole girano a bassa velocità perché l’alimentazione avviene attraverso il diodo D3, la resistenza di 68 ohm – 5 W ed il diodo D4. Il dispositivo si trova in condizione di stand-by mostrando il LED giallo acceso (READY).
Continuando ad analizzare il
funzionamento del suddetto circuito riscontriamo che il mosfet IRF9530 ha il gate
collegato al positivo di alimentazione mediante la resistenza da 2K7 per cui il
suddetto mosfet (canale P) risulta interdetto. Il gate dello stesso dispositivo
è collegato, per mezzo della resistenza
da 2K2, al catodo del diodo Zener da 15 V -1 W, il cui anodo termina,
by-passato da un condensatore di 10 nF, sul centrale di un pin RCA che va a sua
volta al PTT. Quando il centrale di questo pin viene connesso al negativo
(massa), l’anodo del diodo polarizza il gate del mosfet la cui tensione diventa
di alcuni volt più negativa del source per cui il mosfet va in conduzione. La
tensione di 28 V viene applicata al suo drain, la presenza di tensione fa
accendere il LED verde (ON AIR) ed il diodo D5 by-passa la resistenza di 68 ohm
5 W in modo da far girare le ventole a regime. Contemporaneamente anche il relè
RL2 riceve tensione e pertanto anche la sua bobina si eccita chiudendo uno dei
suoi contatti per attivare l’alimentazione dei bias di polarizzazione dei due mosfet
RF; contestualmente l’altro contatto dello stesso relè commuta la
radiofrequenza proveniente dal RTX dal carico di 50 ohm – 5W sull’ingresso del
pallet. La cronologia evidenziata si ha quando le tensioni applicate sono
regolari a far funzionare correttamente l’amplificatore. L’attenuatore
resistivo da 3 dB in serie all’ingresso dello stadio amplificatore (foto n. 5) ed il carico resistivo da 5W sono deputati alla protezione dei mosfet RF
in caso di intervento della protezione.
Nel caso dovesse verificasi un
aumento della temperatura del dissipatore, che oltrepassi i limiti prefissati di
circa 70 °C ( massima temperatura alla flangia del mosfet ), interviene la
sonda termica che aprendo il suo
contatto provvede a togliere l’alimentazione alla bobina del relè RL1 che si
diseccita. Quando il contatto di questo relè si apre, toglie l’alimentazione di 28 V all’amplificatore,
contestualmente si spengono i LED verde
(ON AIR) e giallo (READY), mentre viene
sganciato ed inibito il comando del PTT;
allo stesso modo si diseccita la bobina del relè RL2 i cui contatti da chiusi,
una volta aperti, interrompono l’alimentazione dei bias dei mosfet RF, mente con
l’altro contatto dello stesso relè si commuta la radiofrequenza che proviene
dal RTX, per inviarla verso il carico da 50 ohm in modo da prevenire possibili
danni ai suddetti mosfet RF. Infine, lo stesso relè RL1 quando è in condizioni
di riposo, vale a dire diseccitato, mediante il suo contatto normalmente chiuso
fa accendere il LED rosso (ALARM) e consente alle ventole di girare alla
massima velocità per abbassare velocemente l’eccessiva temperatura
dell’amplificatore RF e riportarlo nelle condizioni di sicurezza. Per
ripristinare la condizione di sicurezza sono sufficienti alcuni minuti di
attesa dopodiché, ristabilita la normale temperatura, l’amplificare riparte a
funzionare regolarmente ed in maniera autonoma.
In merito alle protezioni, per la
massima potenza di pilotaggio e per quella di un VSWR maggiore di 3:1, indicate
in elenco ho ritenuto non fossero necessarie per mio specifico impiego. La massima
potenza che può erogare il mio TX non supera i 12 W, l’attenuatore resistivo da
3 dB è sempre inserito e la manopola per la regolazione della potenza di uscita
una volta regolata per in giusto pilotaggio non viene più toccata. Per quanto
riguarda il VSWR in uscita la mia antenna è frequentemente in manutenzione, ha un ottimo adattamento di impedenza il cavo
coassiale che uso è di buona qualità e di lunghezza contenuta. Da queste
semplici considerazioni, ritengo che se avessi inserito le suddette protezioni,
queste avrebbero avuto una possibilità molto remota di intervenire. Ho ritenuto
che il rischio fosse accettabile a fronte della maggior semplicità del progetto
ma anche perchè, come diceva Henry Ford, “quello
che non c’è non si rompe”.
- 5 - Filtro
passa basso e relè di commutazione RF
Il segnale di uscita
dall’amplificatore RF non avendo una elevata purezza spettrale presenta diverse
armoniche, un amplificatore di tipo pus-pull sopprime in genere la seconda
armonica di circa 40- 50 dB, mentre la terza armonica è soppressa soltanto di
10 – 15 dB. Risulta pertanto necessario un filtro passa basso con frequenza di
taglio leggermente superiore ai 432 MHz. Il filtro a 5 celle è derivato dal
filtro Chebyshev, con tre condensatori e due capacità ( C1 = C3 = 12,07 pF; C2
= 17,97 pF; L1 = L2 = 0,217 microHenry ) - (foto n. 6),
che presenta una bassa perdita di inserzione a 432 MHz - 0,3 dB con un basso VSWR, mentre l’attenuazione della seconda armonica a 864 MHz è di circa – 63 dB e quella della terza armonica a 1296 MHz è di circa – 56 dB. La progettazione del filtro è stata fatta utilizzando il programma “AADE” liberamente accessibile fig. n.4.
Il filtro Chebyshev rispetto ad atri tipi di filtri è caratterizzato da alta pendenza con una minima quantità di componenti che sono le condizioni preferite per le costruzioni amatoriali. Uno degli aspetti negativi di tale filtro e che è molto più sensibile ai valori delle tolleranze dei componenti. Questo può essere un problema per una produzione industriale di serie, mentre può non esserlo per le nostre costruzioni amatoriali quando si ha la possibilità di misurarlo e tararlo singolarmente. All’uscita del filtro ho inserito, ai soli fini della osservazione strumentale, un dispositivo per il rilevamento della potenza di uscita e del VSWR (foto n. 7- 8).
che presenta una bassa perdita di inserzione a 432 MHz - 0,3 dB con un basso VSWR, mentre l’attenuazione della seconda armonica a 864 MHz è di circa – 63 dB e quella della terza armonica a 1296 MHz è di circa – 56 dB. La progettazione del filtro è stata fatta utilizzando il programma “AADE” liberamente accessibile fig. n.4.
Il filtro Chebyshev rispetto ad atri tipi di filtri è caratterizzato da alta pendenza con una minima quantità di componenti che sono le condizioni preferite per le costruzioni amatoriali. Uno degli aspetti negativi di tale filtro e che è molto più sensibile ai valori delle tolleranze dei componenti. Questo può essere un problema per una produzione industriale di serie, mentre può non esserlo per le nostre costruzioni amatoriali quando si ha la possibilità di misurarlo e tararlo singolarmente. All’uscita del filtro ho inserito, ai soli fini della osservazione strumentale, un dispositivo per il rilevamento della potenza di uscita e del VSWR (foto n. 7- 8).
Infine in questa realizzazione
non ho inserito sul connettore diretto all’antenna un relè coassiale perché,
nel mio caso, non necessaria dal momento che avevo già installato un relè
coassiale in prossimità dell’antenna che mi consente di arrivare alla radio con
una doppia discesa (delle quali una per la ricezione mentre l’altra per la trasmissione). Se si adotta questa configurazione è indispensabile,
ai fini della protezione sull’ ingresso dell’amplificatore, inserire un relè
che in condizioni di riposo connetta l’uscita del RTX su di un carico resistivo
da 50 ohm -5 W.
- 6 - Contenitore e dissipatore termico, punto 6
Il pallet è composto da un
circuito stampato fissato su di una piastra di rame 90 x 84 mm spessore 6 mm. Allo
scopo di aumentarne la dissipazione termica ho provveduto ad “imbullonarlo” su
di un radiatore di alluminio alettato delle dimensioni 150 x 100 x 50 mm. La
piastra di rame deve essere strettamente imbullonata mediante 8 viti da 3 MA.
Quando si imbullona la piastra di rame su quella di alluminio occorre
interporre fra le due superfici di contatto del grasso di silicone. Inoltre
bisogna fare in modo che le due superfici a contatto fra di loro siano
perfettamente piane e levigate al fine di avere una perfetta aderenza su tutte
le superfici.
Sulla parte superiore del radiatore è stata fissata la sonda rivelatrice della temperatura (foto n. 9), mentre sui due lati minori dei radiatori sono state installate due ventole piatte, sempre in funzione a basso regime ma con la possibilità di andare a pieno regime quando l’amplificatore è in trasmissione oppure quando interviene la sonda di temperatura allo scopo di sottrarre più velocemente il calore alle alette del dissipatore. In merito alla verifica di funzionamento del sensore termico, questo può essere verificato scaldandolo con la punta di un saldatore a stagno. Raggiunta la temperatura di intervento si può ascoltare il “ clik” generato dallo scambio del contato, indice di un corretto funzionamento della protezione.
Sulla parte superiore del radiatore è stata fissata la sonda rivelatrice della temperatura (foto n. 9), mentre sui due lati minori dei radiatori sono state installate due ventole piatte, sempre in funzione a basso regime ma con la possibilità di andare a pieno regime quando l’amplificatore è in trasmissione oppure quando interviene la sonda di temperatura allo scopo di sottrarre più velocemente il calore alle alette del dissipatore. In merito alla verifica di funzionamento del sensore termico, questo può essere verificato scaldandolo con la punta di un saldatore a stagno. Raggiunta la temperatura di intervento si può ascoltare il “ clik” generato dallo scambio del contato, indice di un corretto funzionamento della protezione.
- Verifica del funzionamento e collaudo
All’inizio occorre accendere
l’alimentatore e verificare la corretta tensione di alimentazione di 28 V. Poi
si alimenta l’amplificatore, non prima
di aver collegato sia l’ingesso che l’uscita a due carichi resistivi da 50 ohm,
al fine far “vedere” all’ingresso e all’uscita una corretta terminazione. Appena
si da tensione all’amplificatore si deve ascoltare il rumore dello scatto del
relè RL1, per poi vedere immediatamente il LED giallo accendersi (READY) mentre
la rotazione delle ventole genera un leggero rumore acustico perché girano
lentamente. Quindi collegato a massa
l’ingresso del PTT, l’amplificatore va in trasmissione con l’accensione del LED
verde (ON AIR) mentre le ventole aumentano la loro velocità passando allo stato
di pieno regime. Questa prova iniziale serve per verificare il valore della
corrente di riposo assorbita dai mosfet. La corrente di riposo (bias) è
particolarmente sensibile alla tensione di gate e può essere regolata mediante due
trimmer resistivi, uno per ogni coppia di mosfet. Per il funzionamento
dell’amplificatore in classe AB, il valore della tensione è di circa 5 V per una corrente di
riposo complessiva di circa 4 A. Togliendo la massa dall’ingresso del PTT, la
trasmissione viene disabilitata. Successivamente dobbiamo pilotare l’amplificatore
mediante la potenza derogata dal nostro
TX. Scolleghiamo quindi dall’ingresso dell’amplificatore il carico resistivo da
50 ohm, ed inseriamo sullo stesso ingresso il rele RL2. Con l’apparato radio in
trasmissione con 1,5 W di eccitazione alla frequenza di 432.300 MHz la potenza
di uscita misurata sul Bird è stata di circa 50 W. Con questa seconda prova abbiamo
verificato che l’amplificatore funziona
regolarmente ma con il miglior rendimento, a larga banda, nel range di
frequenza dei canali televisivi dove è stato progettato. Per ottimizzarlo sulla
frequenza dei 432 MHz occorre fare in modo che la sua resa sia spostata più in
basso di frequenza. Poiché come si evince dalle note applicative, l’impedenza
di ingresso, ed il guadagno, diminuiscono con l’aumentare della frequenza e
l’adattamento di impedenza è ottimo soltanto su di una banda di frequenza
ristretta: per ottimizzare il funzionamento dell’amplificatore e la sua resa
più in basso di frequenza occorre procedere, per gradi, con piccole modifiche. Essendo
piuttosto difficile intervenire sulle strip-line, l’unico modo che resta è
quello di intervenire sulle capacità collegate alle stesse strip-line. Quindi
per far lavorare l’amplificatore sui 432 MHz ho aggiunto due trimmer capacitivi
isolati in teflon da 1,2-10 pF, ciascun trimmer è saldato a metà delle strip-line
verso i gate di ciascuna coppia di mosfet. Poi con la stessa potenza di
eccitazione della prova precedente e pari a 1,5 W ho tarato i primi due compensatori
per la massima potenza di uscita, inoltre per affinare la taratura ho aggiunto
altri 2 condensatori ceramici da 10 pf NPO sempre dal lato gate saldati alla
fine delle stesse strip-line. Infine sulle metà delle strip-line lato drain ho inserito
due condensatori ATC B da 12 pF, sempre allo scopo di ottenere la miglior
ottimizzazione e la massima potenza (foto n. 10).
Poi utilizzando sempre la stessa potenza di eccitazione ho ripetuto le tarature per la massima uscita mantenendo sotto controllo la corrente complessiva assorbita dal modulo. Dopo questa taratura, con l’amplificatore pilotato dopo l’attenuatore, con 2,5 W, la potenza ottenuta, prima dell’intervento della compressione, è stata di circa 200 W con un guadagno di circa 19 dB. L’assorbimento di corrente è di circa 22 A con una alimentazione di 25 V. Per ottenere 200 W sul connettore di uscita se ne consumano quasi 550 W dei quali 350 W sono dissipati in calore con un rendimento dell’amplificatore di circa 37% (l’amplificatore deve essere ben raffreddato perché scalda parecchio). Comunque il risultato ottenuto (foto n.11 – 12 )
mi ha soddisfatto, considerando che l’amplificatore ha ancora un margine per funzionare a pieno regime potendolo alimentare con una tensione di 30 V e facendogli assorbire una corrente massima di circa 30 A.
Poi utilizzando sempre la stessa potenza di eccitazione ho ripetuto le tarature per la massima uscita mantenendo sotto controllo la corrente complessiva assorbita dal modulo. Dopo questa taratura, con l’amplificatore pilotato dopo l’attenuatore, con 2,5 W, la potenza ottenuta, prima dell’intervento della compressione, è stata di circa 200 W con un guadagno di circa 19 dB. L’assorbimento di corrente è di circa 22 A con una alimentazione di 25 V. Per ottenere 200 W sul connettore di uscita se ne consumano quasi 550 W dei quali 350 W sono dissipati in calore con un rendimento dell’amplificatore di circa 37% (l’amplificatore deve essere ben raffreddato perché scalda parecchio). Comunque il risultato ottenuto (foto n.11 – 12 )
mi ha soddisfatto, considerando che l’amplificatore ha ancora un margine per funzionare a pieno regime potendolo alimentare con una tensione di 30 V e facendogli assorbire una corrente massima di circa 30 A.
Conclusioni
L’oggetto che sarebbe sicuramente
finito fra i RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) ha
trovato invece un pratico riutilizzo che al giorno d’oggi potrebbe essere definito
con il termine di economia circolare.
Ringrazio Aurelio IK4MEB per avermi dato questo modulo amplificatore al fine di
comprendere meglio il suo funzionamento e raggiungere l’obiettivo prefissato di
trasformarlo in un amplificatore per i 70 cm.
i4civ.onorio@gmail.com
La presente descrizione è stata pubblicata su Radio Kit Elettronica anno 2019 mese di dicembre a pagina 6
Referenze :
(2) Radio
Kit Elettronica n. 11/2017 pag.8
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