Controller di frequenza per SDR



Come riutilizzare un economico encoder di un vecchio mouse


Per semplificare la sintonia di una radio SDR, nelle mie varie sperimentazioni, ero alla ricerca di una semplice soluzione. Anche io avevo constatato che impiegando una chiavetta DVB-T per la ricezione del digitale terrestre, un antenna ed un PC munito di un adeguato software per la gestione di un SDR si poteva disporre di un ricevitore di buone prestazioni che prevedeva un ampia copertura di frequenza con un modesto budget di spesa. Purtroppo un sistema di ricezione così minimale ha l’inconveniente di essere  gestito e controllato solamente tramite il mouse e la tastiera del PC. Risulta poco pratica la possibilità della variazione della frequenza utilizzando il mouse del PC anche se l’indicazione della sintonia del ricevitore si possa vedere sullo spettro dei segnali. Il motivo principale è che resta difficile percepire la variazione della sintonia. Fra i tanti utilizzatori ci sono anche quelli che, come me, preferiscono che la sintonia del ricevitore si possa gestire come nei tradizionali ricevitori, vale a dire mediante l’impiego di una manopola di sintonia od altri dispositivi similari. Un modo per sopperire a questa mancanza è quello di aggiungere un controller della frequenza simile a quello dei VFO utilizzati nei tradizionali ricevitori.  In “rete” si possono trovare esempi di realizzazioni di controller fisici che spaziano fra quelli basati sull’uso di micro controller oppure quelli che impiegano “Arduino” ma ne esistono anche di più semplici. Il progetto minimale che ho realizzato utilizza un encoder rotativo presente all’interno di un normale mouse con interfaccia USB. Questo in unione al mouse collegato al PC, tramite un cavo USB, è in grado di svolgere la sintonia di frequenza in maniera tradizionale. Al mouse del PC sono comunque demandate tutte le funzioni previste dal programma, come l’avviamento del software, il controllo del volume, la scelta dei vari tipi di modulazione ecc..ecc... che restano molto pratici mediante dei semplice clik sui relativi pulsanti del mouse. Questo abbinamento si è reso necessario poiché a seconda di come si trovi posizionato il mouse sulla scrivania, solitamente alla destra del PC, non è possibile poter avere una agevole regolazione della sintonia. L’encoder rotativo aggiunto funziona in parallelo con quello all’interno del mouse ma con il vantaggio che quello aggiunto non ha la necessità di muoversi sul piano della scrivania ma di essere posizionato in modo fisso e comodo davanti allo schermo del PC, così che l’operatore possa svolgere nel modo più semplice e preciso il controllo della sintonia.

 

Realizzazione

Poiché avevo a disposizione sia un mouse inutilizzato che un controller già munito di manopola, ho eseguito alcuni test allo scopo di valutare quale dei due fosse il più adatto allo scopo. A seguito di alcune prove ho ritenuto che fosse più valido utilizzare l’encoder del mouse poiché più semplice da utilizzare. La schedina contenuta all’interno del mouse dopo essere stata tolta dal suo guscio è stata inserita in una scatolina dalle misure 70x40x28 mm realizzata con della vetroresina per i circuiti stampati (foto n.1). 


Dalla foto si evince che sul lato superiore della scatolina sporge la rotellina dell’encoder, questa è rimasta fissata meccanicamente al suo circuito stampato mentre sono state interrotte le tre piste collegate ai terminali dell’encoder in modo da isolarlo elettricamente dal resto del circuito. Ai tre terminali di questo encoder ho saldato un cavetto tripolare lungo circa 50 cm che termina con un connettore maschio a tre pin, questo connettore andrà inserito nel corrispondente connettore femmina che fuoriesce con circa 3 cm di cavo tripolare da un lato del mouse (foto n.2). Questo cavo tripolare è stato saldato ai corrispondenti terminali dell’encoder del mouse. Questa configurazione permette di collegare in parallelo entrambi gli encoder.



 Utilizzo

Dopo aver collegato il controller al mouse e questo a sua volta al PC, mediante la presa USB, si provvede ad avviare il programma AIRSPY che fra i tanti disponibili ritengo sia molto performante. Come è già stato specificato, al mouse sono demandate tutte le funzioni di controllo che dipendono dal software utilizzato mentre la sintonia si esegue mediante il controller posizionato comodamente davanti al PC. (foto n.3) 



Per il corretto funzionamento non è richiesto alcun software aggiuntivo dato che restano attive tutte le funzioni del software utilizzato. Per la selezione dei passi incrementali è sufficiente posizionare la freccia del mouse sui numeri che stanno ad indicare il valore della frequenza. (foto n.4) 



E’ possibile selezionare tutti i valori a partire da 10 Hz, 100 Hz, 1000 Hz ecc... e conseguentemente con la rotazione dell’encoder si incrementa/decrementa il valore della frequenza che è stato selezionato. Quando la rotazione dell’encoder avviene verso destra il valore della frequenza aumenta e contestualmente si vede che la tacca verticale che indica lo spostamento della frequenza muoversi nella stessa direzione sullo spettro dei segnali, allo stesso modo ruotando l’encoder verso sinistra la tacca della sintonia si sposta verso sinistra. Il risultato pratico è eccellente e la sintonia effettuata in questo modo è comoda in quanto risulta evidente il movimento della sintonia. Per fare in modo che lo scatolino contenente l’encoder si trovi saldamente appoggiato sulla scrivania l’ho fissato sopra ad una piccola piastra in ferro. Durante il funzionamento ho riscontrato molto pratico utilizzare l’indice della mano sinistra per ruotare la rotellina dell’encoder sia verso destra che verso sinistra mentre il dito medio e l’anulare restano appoggiati sulla parte sinistra della scatolina dell’encoder. Posso affermare che la soluzione adottata è piuttosto valida tanto che utilizzo questo SDR come secondo ricevitore durante i contest.  Anche in questo caso  vale il detto “provare per credere”.

                                                                                                                  i4civ.onorio@gmail.com

La presente descrizione è stata pubblicata su RadioKit Elettronica del mese di febbrio 2022 a pag. 18

 

Cenni Onorio

i4civ.onorio@gmail.com


MODULO AMPLIFICATORE DA 400 WATT CON 1,5 WATT IN INGRESSO PER I 2m


Derivato dalla modifica di un amplificatore televisivo

                               Prima parte

Premessa

I buoni risultati ottenuti dalle modifiche apportate ad un modulo amplificatore televisivo per utilizzarlo nella banda dei 70 cm, seguendo il progetto descritto su Radio Kit Elettronica n. 12/2019,  (Rif. 1) mi hanno spinto ad eseguire un altro paio di interventi su due moduli amplificatori RF di potenza. Uno dei due moduli proveniva da un ripetitore radio FM per le frequenze 88-106 MHz, mentre l’altro modulo amplificatore era stato utilizzato in ponte ripetitore televisivo per la banda III VHF per le frequenze 160-282 MHz. Le modifiche eseguite sono state apportate per far funzionare i due moduli sulla gamma dei 2 metri per emissioni SSB, CW oltre ad FM e modi digitali.

Il presente articolo fa riferimento agli interventi eseguiti solo al modulo relativo alla banda III VHF. Preciso che questi interventi sono specifici e finalizzati a far funzionare correttamente, sulla banda dei 2 metri, un amplificatore progettato come amplificatore per la televisione analogica. Le soluzioni che ho adottato derivano da un insieme di esperienze pratiche e teoriche. Le modifiche sono semplici, poco invasive e ridotte al minimo indispensabile; nonostante tutto questo, il risultato ottenuto si è dimostrato valido, con riscontri positivi sia a livello strumentale che nell’utilizzo come amplificatore di potenza amatoriale. Naturalmente, anche questo progetto così come quello per l’amplificatore per i 70 cm, necessita di alcuni accessori per renderlo funzionale all’utilizzo proposto. Questi sono i circuiti di protezione per salvaguardare l’amplificatore da eventuali danni che potrebbero essere causati da un improvviso malfunzionamento di qualche circuito. Non descrivo questi accessori poiché alcuni degli stessi sono quelli che ho impiegato per l’amplificatore dei 70 cm così come descritto nell’articolo sopracitato. L’alimentazione per il modulo è stata ottenuta utilizzando due alimentatori swiching da 12 V e 50 A acquistati on-line. Ho collegato i due alimentatori in serie dopo aver regolato la tensione di ciascun alimentatore a 14 V. (foto n.1) 



La tensione di ciascun alimentatore può essere regolata mediante un trimmer resistivo in grado di far variare la tensione di uscita da circa 11 V ad oltre 14 V. Gli alimentatori non emettono alcun disturbo RF, sono provvisti di protezioni contro i cortocircuiti e sono stati provati oltre alla massima corrente disponibile fino a far scattare le protezioni senza alcun danno. Ho verificato che alla tensione di uscita a 28 V, la massima corrente che può essere erogata di 50 A, cala solamente di pochi millivolt.  

 

Modulo base

Il modulo amplificatore televisivo, in mio possesso, riporta ancora una etichetta autoadesiva sulla quale è indicata la potenza di uscita di 300 W e la data della sua realizzazione del 13.12.1996. (foto n.2). Questo modulo base è composto da un generoso dissipatore di alluminio dalle misure di 350 mm x 200 mm x 40 mm che sorregge una piastra di alluminio dalle misure 420 mm x 200 mm x 70 mm sulla quale sono posizionate le singole schede degli amplificatori e quelle relative per i servizi ausiliari degli stessi. Il modulo, dal peso complessivo di 4,1 kg, dopo essere stato dismesso è rimasto accantonato per diverso tempo e parecchia polvere si è depositata sui componenti e col passare del tempo la sporcizia ha ossidato alcune piste dei circuiti stampati. E’stata quindi necessaria una drastica pulizia con lo scopo di eliminare tutta la polvere accumulata e ripulire le piste argentate. Ogni scheda che compone l’amplificatore viene alimentata separatamente mediante conduttori dedicati. La tensione di funzionamento del modulo è prevista a 28 V. Al fine di comprenderne il funzionamento del modulo principale possiamo osservare, dalla (figura 1), la disposizione delle singole schede.

 


Descrizione delle singole schede

Sul modulo base possiamo riscontrare la presenza di quattro accoppiatori ibridi a -3dB 90° prodotti dalla Anaren che riportano la dicitura 1H0262-3 con specifiche “militar grade”. (Rif. 2) Questi accoppiatori ibridi sono in grado di sopportare una potenza in radiofrequenza di 400 W. Il range di funzionamento ottimale e’ 160-230 MHz, però funzionano ancora bene anche a 145 MHz. Osservando la disposizione delle schede ed iniziando dal basso verso sinistra, possiamo riscontrare una prima scheda che svolge le funzioni di preamplificatore di potenza, su questa sono montati due transistor di potenza BLW33F. I due stadi sono collegati a due accoppiatori ibridi a – 3dB 90°. Il primo accoppiatore, quello disposto verso l’ingresso, provvede a dividere, la potenza di pilotaggio, in due parti uguali per inviarla alle basi dei due transistor, mentre l’altro accoppiatore posizionato verso l’uscita ha la funzione di sommare le potenze in uscita dai collettori dei corrispondenti transistor. Collegati in questo modo i due accoppiatori ci permettono di ottenere  una potenza doppia di quella che può erogare un solo transistor. La potenza sommata e presente sull’uscita del secondo accoppiatore ibrido a -3dB viene iniettata in un altro accoppiatore -3dB simile a precedente il quale provvede a dividere questa potenza in due parti uguali per essere iniettata all’ingresso di altre due schede con funzioni di amplificatoti finali di potenza. Questi due amplificatori sono perfettamente uguali ed utilizzano un doppio transistor siglato SD1485 che è composto da due transistor di potenza collegati in push-pull (coppia di due in parallelo). Ogni singola scheda amplificatore è in grado di erogare una potenza di circa 200 W. Infine la potenza in uscita da ogni scheda amplificatore entra in un altro accoppiatore ibrido a -3dB, simile a precedente, con la funzione di sommare le due potenze al fine di ottenere una potenza di circa 400 W. 

Questa potenza prima di essere inviata al connettore di antenna passa attraverso un filtro passa basso con funzioni di attenuazione delle armoniche indesiderate. Infine per completare da descrizione possiamo osservare che la scheda posizionata superiormente alla scheda del preamplificatore di potenza serve a generare e regolare la corrente di riposo di ciascun transistor BLW33F. Questa corrente di riposo può essere variata regolando due trimmer resistivi. Anche le due schede relative agli amplificatori di potenza hanno al loro fianco una scheda che provvede a fornire e regolare la corrente di riposo dei suddetti transistor di potenza mediante la regolazione di due trimmer resistivi.

  

 

Verifiche e misure preliminari

Dopo aver analizzato la disposizione e la funzione delle varie schede e prima di affrontare le modifiche, il mio metodo è quello di fare alcune considerazioni che mi permettono di capire se eventuali problemi debbono essere ricercati nei dispositivi attivi di amplificazione oppure nelle schede dei vari servizi. Considerato che il modulo amplificatore è piuttosto datato, conviene procedere per gradi iniziando ad osservare attentamente le varie schede per cercare di vedere se vi possono essere alcuni componenti danneggiati da urti inappropriati o da qualche malfunzionamento. Occorre prestare particolare attenzione ai condensatori elettrolitici e verificare se questi presentano rigonfiamenti o fuoriuscite del dielettrico in essi contenuto. Dopo questa prima verifica e nel caso non sia stata riscontrato nulla di anomalo si può procedere ad alimentare le varie schede. Comunque prima vanno inseriti, sui connettori di ingresso e di uscita del modulo amplificatore, due carichi resistivi da 50 , e occorre collegare in serie su di ogni cavo di alimentazione di ciascuna scheda un fusibile da 1 A, con lo scopo di proteggere le schede da eventuali cortocircuiti. Subito dopo aver fornito l’alimentazione a 28 V è intervenuta la protezione contro i cortocircuiti dell’alimentatore. Per questo motivo ho messo in serie al conduttore positivo dell’alimentatore una resistenza da 0,68 Ω 10 W ed in questo modo la protezione dell’alimentatore non interveniva ed i 4 fusibili messi in serie ad ogni scheda restavano integri. La corrente complessivamente assorbita dal modulo base era di circa 3,8 A quale somma delle singole correnti di riposo assorbite da ciascuna scheda. In questo modo ho potuto constatare che il corto-circuito iniziale era dovuto ad una dispersione causata da qualche condensatore elettrolitico. Infatti dopo aver verificato ciascun condensatore elettrolitico ne ho individuati due della capacità di 2200 µF 40 Volt che erano in forte perdita. Dopo averli momentaneamente esclusi e poi sostituiti con altri due analoghi l’inconveniente è stato eliminato.



Analizzando lo schema a blocchi dei vari stadi che è riportato nella (figura 2) possiamo comprendere il funzionamento dell’intero modulo e successivamente capire dove intervenire per eseguire le modifiche proposte.  Inizialmente ho provveduto a misurare il valore della corrente di riposo di ciascun transistor. La corrente di riposo riscontrata nella prima scheda del preamplificatore, che monta due transistor BLV33F, è stata di 1,7 A per ciascun transistor. Questo valore di corrente, come si evince nel data-sheet  (Rif. 3) risulta più adatto per polarizzare il transistor verso la classe A, mentre nella modifica proposta dovendo far funzionare i transistor in classe AB la corrente di riposo deve essere circa 0,2 A. Ho quindi regolato il relativo trimmer resistivo per fissare il nuovo valore della corrente di riposo a 200 mA. Anche la corrente di riposo dell’altro transistor BLV33F è stata fissata allo stesso valore di 200 mA.

Successivamente, intervenendo sulle altre due schede con i due SD1485 collegati in push-pull, ho riscontrato che la corrente di riposo per ognuno dei due transistor era di 2 x 500 mA, valore che corrisponde esattamente a quello indicato nel data-sheet (Rif. 4) e cioè per una corretta polarizzazione dei transistor per funzionare in classe AB. In questo caso non è stato necessario modificare il valore della corrente di riposo. Ho voluto comunque constatare, mediante la regolazione del corrispondente trimmer resistivo, che tale corrente poteva essere regolarmente variata. Analoga misura della corrente di riposo è stata eseguita anche per l’altra scheda composta sempre da 2 xSD1485 ed anche in questo caso il valore della corrente di riposo è rimasto sul valore riscontrato di 2 x 500 mA.

fine prima parte......

Continua........ 

 

Cenni Onorio
i4civ.onorio@gmail.com

MODULO AMPLIFICATORE DA 400 WATT CON 1,5 WATT IN INGRESSO PER I 2m


Derivato dalla modifica di un amplificatore televisivo

                           Seconda parte


Modifica delle schede

Tutte le modifiche che dovranno essere effettuate sul modulo base, andranno eseguite su ciascuna scheda procedendo a modificarle una alla volta senza rimuoverle dalla loro posizione. Per fare questo basterà isolarle elettricamente dalle altre, in modo da poterle modificare e provarle  singolarmente. Questo modo di operare  permette di ottimizzare ogni scheda ed ottenere la migliore messa a punto delle stesse. Seguendo questo approccio, una volta ricollegate le schede saremo certi che potranno funzionare nelle migliori condizioni. Bisogna comunque tenere presente che pur avendo tarato i singoli stadi alle migliori condizioni, la potenza complessiva ottenibile potrebbe non essere quella prevista. Cio’ dipende dagli ingressi/uscite degli accoppiatori ibridi che potrebbero non essere nelle giuste fasi e quindi parecchi Watt potrebbero andare a finire nelle resistenze di sbilanciamento degli accoppiatori ibridi e  così aumentare solamente il calore da smaltire da parte del dissipatore. Nell’ultima parte di questa descrizione, per chi non avesse la possibilità di disporre degli strumenti necessari per poter eseguire questa messa a punto, propongo un modo alternativo semplice ed efficace per la migliore messa in fase.

La prima modifica la eseguiremo sulla scheda del preamplificatore che monta i due transistor BLV33F. Dobbiamo quindi scollegare i due conduttori contrassegnati con il numero 1 e 2 che collegano l’alimentazione positiva alle due schede dei finali di potenza che montano i due SD1485.  Di seguito dovremo scollegare il cavo di alimentazione contrassegnato con il numero 6 che arriva alla scheda che fornisce l’alimentazione di bias dei suddetti transistor. Con questo intervento abbiamo isolato l’alimentazione alle schede dei finali ed alla scheda del bias. Ora dobbiamo intervenire nei confronti del secondo accoppiatore ibrido, quello che provvede a sommare le potenze generate dai due transistor. Su questo dobbiamo interrompere l’uscita per saldarla momentaneamente al conduttore centrale di cavo coassiale RG 142 il quale dalla parte opposta dovrà essere provvisto di un connettore “N” maschio che sarà avvitato sull’ingresso del connettore del wattmetro BIRD che servirà a misurare la potenza in uscita di questa scheda. Su questa scheda andremo ad individuare i punti dove dovremo intervenire per poter accordare i circuiti di ingresso e di uscita dei due transistor in modo che questi possano essere tarati sulla frequenza dei 144 MHz. 




Come si può osservare dalla (foto n.3) l’adattamento di impedenza è stato ottenuto mediante l’aggiunta di alcune piccole capacità posizionandole sulle linee di entrata e di uscita dei transistor. In ingresso, sulle basi, è stato saldato un condensatore ceramico da 27 pF, mentre in uscita sui collettori, sono stati saldati due condensatori, uno da 33 pF e l’altro da 4,7 pF fissati nelle giuste posizioni trovate sperimentalmente. In seguito, ho eseguito un test di funzionamento per verificare il comportamento della scheda alle diverse potenze in ingresso. Questo test mi ha permesso di valutare il guadagno espresso in decibel ed il rendimento percentuale. I dati che ho ottenuto sono stati riepilogati nella tabella di (figura n.3)



La potenza riportata in tabella si ferma a 50 W perché valori superiori non sono necessari a pilotare adeguatamente le successive schede. Ho riscontrato che la massima potenza ottenibile prima della compressione è stata di circa 70 W. 




Dopo le modifiche eseguite si può evincere dalle (foto n.4 e n.5) l’VSWR che è stato ottenuto, sia in ingresso che uscita, mentre dalle (foto n.6 e n.7) si può vedere il corrispondente (S11) return-loss.





La seconda modifica la eseguiremo sulla scheda dei finali di potenza che montano il doppio transistor SD1485. Pertanto dobbiamo ricollegare il conduttore contrassegnato con il numero 1 che porterà nuovamente l’alimentazione alla suddetta scheda e di seguito dovremo anche ripristinare l’alimentazione alla scheda che genera l’alimentazione del proprio bias. Per il momento l’altra scheda simile a questa dovrà rimanere senza alimentazione così come la scheda dello stadio preamplificatore che abbiamo appena ottimizzato. Ora dovremo intervenire nei confronti del terzo accoppiatore ibrido e cioè quello che divide la potenza da inviare in ingresso alle due schede finali di potenza. Quindi la pista in uscita dal’accoppiatore che collega l’ingresso della scheda da modificare dovrà essere interrotta in quanto sullo stesso ingresso della scheda si dovrà provvisoriamente saldare il pin centrale di un connettore BNC femmina. Dal lato uscita di questa stessa scheda dovremo interrompere la pista del circuito stampato collegata in ingresso del quarto accoppiatore ibrido. Su questa pista dovremo saldare provvisoriamente il conduttore centrale di un cavo coassiale RG142 che dalla parte opposta dovrà terminare mediante un connettore “N” maschio che sarà avvitato sul connettore in ingresso del wattmetro BIRD per misurare la potenza di questa scheda. La suddetta descrizione sarà certamente più comprensibile osservando la (foto n.8).




La scheda da modificare è provvista di due transistor identici che lavorano in antifase. Il segnale da inviare sull’ingresso ha una impedenza di 50 Ω sbilanciati mentre l’impedenza in ingresso dei doppi transistor SD1485 è molto bassa e bilanciata. Il circuito che consente di coniugare l’impedenza d’ingresso da 50 Ω sbilanciati al valore dell’impedenza bilanciata sull’ingresso dei transistor è stato realizzato mediante un balun in cavo coassiale da 50 Ω tipo RG316 con dielettrico in PTFE con un diametro di 2,5 mm e di lunghezza pari a ¼ lamba x Fv che permette la trasformazione dei 50 Ω sbilanciati in una terminazione bilanciata da 25 Ω. Una seconda trasformazione di impedenza si è ottenuta mediante una “strip-line” ed alcuni condensatori che opportunamente posizionati sulle linee vanno a coniugare l’impedenza d’ingresso sulla base di ciascun transistor SD1485 che a 170 MHz presentano una Z-in in ohm di circa 2,7+J1,0 (valore indicato nel data-sheet). Mentre sui collettori degli stessi transistor l’impedenza, anche qui, molto bassa e bilanciata dovrà essere riportata al valore di 50 Ω sbilanciati. Quindi il procedimento di adattamento di impedenza è stato inverso e la Z-out in ohm di circa 3,75+j3,0 è stata trasformata, sempre mediante una “strip-line” ed alcuni condensatori, in un valore di circa 25 Ω bilanciati, infine quest’ultimo valore di impedenza, per mezzo di un altro balun in cavo coassiale, è stato trasformato in 50 Ω sbilanciati. Questo metodo di adattamento di impedenza a più “steep” per alcuni può non rappresentare “la migliore soluzione” mentre per altri viene considerato molto valido. Il metodo di adattamento descritto è stato applicato in questa scheda progettata per uso professionale così come indicato sullo schema di principio riportato nel suo data-sheet. Per adattare questa scheda alla frequenza dei 144 MHz, occorre intervenire sul circuito di ingresso e di uscita, dei transistor, posizionando alcuni condensatori lungo le “strip-line”.  I valori e la posizione dei condensatori che sono stati aggiunti sono indicati nella (foto n.9). 



Questi condensatori devono essere del tipo ATC 100 A o B, anche se le tensioni RF nello stadio di ingresso da cui sono attraversati non sono elevate questi tipi di condensatori in formato SMD servono a scongiurare che lo stadio di amplificazione possa entrare in autoscillazione. Di seguito ho adattato lo stadio di ingresso al più basso VSWR mediante l’aggiunta dei condensatori posti sulle linee di ingresso. Il return-loss in ingresso deve essere migliore di 15 dB. L’adattamento d’ingresso risulta leggermente critico però da un buon adattamento dipende la larghezza di banda ed il guadagno dello stadio. Una corretta messa a punto dell’ingresso permette di guadagnare quasi un paio di dB. Le lunghezze originali dei balun che sono di circa 10% più corte rispetto a ¼ lambda, per la frequenza di utilizzo, non sono state modificate  per non complicare troppo l’intervento ed inoltre non necessarie. Un primo test su questa scheda l’ho eseguito iniettando piccolo segnale in ingresso, non prima di aver collegato l’uscita della stessa al wattmetro Bird collegato ad un opportuno “carico fittizio”.  Allo scopo di evitare “overdrive” la soluzione migliore è quella di inserire un attenuatore fra RTX e l’ingresso del modulo. Iniettando una potenza di circa 1,5 W in ingresso del modulo la potenza in uscita dovrà essere di circa 30 W. Occorre contestualmente osservare la corrente assorbita che deve essere di circa 3,9 A. Se così non fosse, occorre fermarsi e controllare il ‘balun’ oppure i condensatori in uscita. Se tutto funziona bene si può incrementare la potenza iniettata in ingresso fino a 20 W che in uscita raggiunge circa 190 W. Dopo queste messa a punto, va ricontrollato nuovamente il valore del VSWR in ingresso. Ho eseguito anche per questa scheda un test complessivo iniettando diverse potenze in ingresso con lo scopo di valutare al meglio il guadagno espresso in decibel ed il rendimento percentuale alle varie potenze di uscita. Dalle prove eseguite ho constatato che la potenza massima ottenibile prima della compressione è stata di circa 200 W. Non mi sono spinto oltre questo valore anche perché dovendo successivamente, mediante l’anello ibrido, sommare le potenze fornite dalle due schede il valore complessivo della potenza sarebbe stato superiore ai 400 W, limite di potenza che l’anello ibrido può gestire senza danneggiarsi. Le misure che ho effettuato sono state riportate nella tabella di (figura n.4).



 

Tutte le operazioni sopradescritte vanno eseguite  allo stesso modo anche per l’altra scheda dell’amplificatore simile a questa. Per ultimo ho smontato la scheda relativa il filtro passa basso per tararla ed ottimizzarla per la nuova frequenza. (foto n.10)



Per la messa punto, di questo filtro, è bastato solamente aumentare l’impedenza delle due bobine che è stata ottenuta comprimendo leggermente le spire delle stesse. Alla frequenza di 144 MHz il relativo SWR è risultato di 1.04 mentre return-loss di -35,26 dB (foto n.11).



 

Connessione delle singole schede e messa a punto complessiva

Al termine delle tarature, dopo aver testato ogni singola scheda, dobbiamo ricollegarle dal punto di vista  elettrico come erano prima dell’intervento di messa a punto. Pertanto si devono ripristinare le piste che erano state interrotte dal lato degli ingressi e delle uscite degli anelli ibridi mediante dei punti di saldatura. Infine andremo a ricollegare i cavi che portano l’alimentazione a ciascuna scheda. Per una verifica ed una messa a punto complessiva dell’intero modulo dobbiamo collegare il suo ingresso all’uscita di un TX sintonizzato sulla frequenza di 144.200 MHz, poi l’uscita dell’amplificatore la andremo a collegare ad un carico fittizio da 50 Ω 500 W. Dopo aver fornito l’alimentazione al modulo dobbiamo per primo verificare che la corrente assorbita sia all’incirca uguale alla somma delle correnti di riposo assorbite da ciascuna scheda. Se questa corrente risulta regolare possiamo procedere ad iniettare la potenza di pilotaggio. Partiamo da zero ed aumentiamo la potenza fino a circa 0,95 W, in queste condizioni dovremmo ottenere circa 210 W, ed una corrente assorbita dal modulo di circa 18 A. Se così non fosse occorre fermarsi e verificare le giuste fasi nei confronti degli accoppiatori ibridi. Anche se abbiamo ottimizzato le tre schede, una per volta, al fine di ottenere la massima potenza da ciascuna di esse, può succedere che una volta collegate agli accoppiatori le fasi siano da un’altra parte e pertanto la somma della potenza non sia quella prevista, anzi può succedere che una cinquantina di Watt possano andare a finire nelle resistenze di sbilanciamento aumentando solamente il calore da smaltire dal dissipatore. (Rif. 5) Per verificare le giuste fasi se non si ha la disponibilità di un voltmetro vettoriale oppure di un analizzatore di reti vettoriale bisogna arrangiarsi e mettere in campo l’esperienza maturata. Nel nostro caso sono di grande aiuto proprio le resistenze di sbilanciamento presenti negli accoppiatori ibridi a 90° e 180° che sono del tipo sbilanciato ovvero hanno un capo collegato a massa. Per cui se si va a misurare la tensione, su di ogni resistore di sbilanciamento delle suddette ibride, mediante un rivelatore a diodi schottky collegato all’ingresso ad alta impedenza di un voltmetro elettronico è possibile aggiustare le fasi. (foto n.12) 


Questa operazione è fattibile andando a leggere il minimo valore di tensione sul resistore e contemporaneamente ottenere il massimo della potenza in uscita. Per le due schede finali la minima tensione sulla resistenza di sbilanciamento delle ibride è stata ottenuta dopo aver variato finemente il valore della capacità dei due trimmer capacitivi da 12 pF posizionati, come da progetto originale, sulle corrispondenti linee di uscita. Allo stesso modo anche per la scheda del preamplificatore la minima tensione sulla resistenza di sbilanciamento della corrispondente ibrida è stata ottenuta variando finemente il valore della capacità dei due trimmer capacitivi da 12 pF posizionati, come da progetto originale, sulle corrispondenti linee di uscita. Al termine di queste tarature e’ possibile aumentare la potenza in uscita fino a circa 400 W e monitorando la corrente la assorbita che deve essere attorno a 30 A.

 

Conclusioni

Il pannello amplificatore alla massima potenza in uscita presenta un guadagno di circa 24 dB, con una dissipazione di potenza di circa 840 W ed un rendimento percentuale del 48%. L’amplificatore presenta una buona linearità ed il punto di compressione inizia a manifestarsi quando si superano i 400 W di potenza. Se consideriamo che le modifiche sono state eseguite intervenendo su di una tecnologia di venticinque anni fa, i risultati ottenuti sono di tutto rispetto. Motivo per cui questo modulo non finirà fra i RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) perché è  meritevole di essere ancora utilizzato. (foto n.13) 



Per un impiego in USB o CW non è necessaria alcuna ventilazione, mentre per svolgere attività di contest, di modi digitali o FM diventa indispensabile posizionare, sul modulo, un semplice ventilatore da PC per contribuire a migliorare la dissipazione del calore sulle alette del radiatore di alluminio.

                                                                                                                       i4civ.onorio@gmail.com


Referimenti:

Rif. 1 – Radio Kit Elettronica n.12/2019 pagg. 6-11

Rif. 2 – https://www.acalbfi.com/it/Componenti-RF/Accoppiatori-Divisori/90-gradi-accoppiatore-ibrido--Caseless-/p/Accoppiatore-ibrido-3-db--90/0000000483

Rif. 3 – https://www.alldatasheet.com/datasheet-pdf/pdf/85262/ASI/BLV33F.html

Rif.4 – https://www.alldatasheet.com/datasheet-pdf/pdf/193756/ADPOW/SD1485.html

Rif.5 – http://www.ari-crt.it/wp/wp-content/uploads/2017/04/Amplificatore-a-stato-solido-da-250-e-500-Watt-per-la-banda-dei-23-cm.pdf

 

La presente descrizione è stata pubblicata su Radio Kit Elettronica del mese di ottobre 2020 a pag.6 

 



 

Cenni Onorio

i4civ.onorio@gmail.com

STRUTTURA MECCANICA PER LA ROTAZIONE E

L’ELEVAZIONE DI UN ANTENNA PARABOLICA 

Realizzazione e dettagli costruttivi

 

                                Prima parte

Premessa

La struttura che andrò a descrivere per movimentare un antenna parabolica del diametro di circa 2 metri (foto n.1) è stata realizzata in un arco temporale che comprende l’inizio della prima emergenza Covid-19 fino alla successiva emergenza innescata dalla seconda ondata della pandemia. Anche io, come del resto tutti, mi sono improvvisamente ritrovato a dover rimanere chiuso in casa e di conseguenza avere una maggiore disponibilità di tempo libero che, in condizioni normali, non avrei potevo avere. Così ho cercato di fare in modo che questa maggior disponibilità di tempo si potesse trasformare in una “opportunità” in modo da potermi dedicare a quelle autocostruzioni che solitamente avrei praticato nei brevi ritagli di tempo. Con questa “opportunità” sono riuscito a portare a termine questo progetto superando anche quelle difficoltà che nei periodi di massima restrizione impedivano l’acquisto dei componenti, costringendomi ad utilizzare solamente  il materiale che avevo disponibile in casa in quel momento.

Il progetto è stato abbastanza complesso sia per la quantità dei componenti necessari, che per la sua realizzazione e per il tempo occorrente, però fortunatamente molti componenti sono facilmente reperibili. Volendo adottare alcune soluzioni impiegate in questo progetto il lavoro potrebbe risultare meno impegnativo e più sbrigativo anche in termini di ore impiegate. Sicuramente alcune soluzioni saranno note ma ritengo che poterle condividere sulle pagine della nostra rivista possano essere utili per ricavarne spunti e soluzioni da applicare in altre simili realizzazioni e soprattutto cercare di migliorarle.

La descrizione che seguirà fa riferimento solamente alla parte hardware del sistema antenna citato, senza tenere conto di tutto quello che occorre per completare tutta la catena di ricezione e di trasmissione.

La struttura, nel suo complesso, è stata realizzata per la movimentazione di una parabola sia sul piano orizzontale che su quello verticale (figura n.1)


per essere utilizzata in un impianto di medie dimensioni che richiede l’impiego di apparecchiature affidabili e durature dal punto di vista delle prestazioni meccaniche ed elettroniche. Come noto la maggior parte dei rotori e dei relativi control-box disponibili in commercio sono in grado di soddisfare le normali applicazioni in quanto consentono la rotazione completa del sistema di antenna  in circa un minuto con una risoluzione sul puntamento di solamente 5 gradi. Con queste caratteristiche rotori del genere non sono assolutamente adatti per eseguire la movimentazione di antenne paraboliche che richiedono invece un puntamento molto più preciso a causa del fascio di ricezione/trasmissione molto stretto. Inoltre le stesse antenne paraboliche richiedono rotazioni molto lente e quindi con tempi di rotazioni più lunghi e letture dei gradi di posizionamento più precise, con la lettura almeno di 1 grado. L’autocostruzione, resta una ottima soluzione che, oltre a farci risparmiare sui costi nei confronti dei prodotti commerciali pronti all’uso, ci gratifica con soddisfazione ed apprendimento. In questo progetto il rotore presenta una bassa velocità di rotazione ed una buona precisione sulla lettura dei gradi di posizionamento della parabola, inoltre sono stati eliminati i “giochi meccanici” che solitamente si riscontrano fra gli accoppiamenti delle parti in movimento. Le prestazioni meccaniche risultano piuttosto elevate dal momento che è stato utilizzato, per la rotazione, una vite senza fine direttamente collegata al palo di rotazione. Gli ingranaggi a vite senza fine sono in grado di garantire una elevata resistenza alla torsione e conseguentemente una maggiore affidabilità di tutto il sistema. Inoltre per questo rotore è stata prevista la possibilità di ridurre la velocità di rotazione con lo scopo di avere un puntamento più facile e preciso della parabola.      

La prima parte di questa descrizione prende in esame il rotore di direzione azimutale, detto (AZ) ed il suo dispositivo di fine corsa. Nella seconda parte viene  trattato  il rotore di elevazione, detto (EL) con i relativi circuiti di comando ed il dispositivo di rivelazione della posizione digitale per terminare, nella terza parte, con la taratura del control-box , la descrizione del palo carrellato e della procedura di installazione della parabola.       

 

Rotore di direzione (AZ)

Per la costruzione di  questo rotore (foto n.2)

 

 

ho utilizzato un riduttore provvisto di ingranaggio a vite senza fine con gli alberi di rotazione sfasati fra di loro di 90°. Questi riduttori sono utilizzati, in unione a dei motori elettrici, in impianti sottoposti generalmente a condizioni gravose  con continuativi ed elevati regimi di rotazione. La loro costruzione è di ottima fattura ed il gruppo di riduzione essendo realizzato ad “ingrassaggio a vita” è praticamente indistruttibile. In Italia ci sono parecchie aziende che producono questi gruppi di rotazione che si possono quindi acquistare presso i centri di ricambi di materiale industriale, oppure in vendita on-line. I prezzi di vendita sono in linea con la qualità dei prodotti forniti.  Questi gruppi di riduzione si possono comunque reperire anche usati in condizioni pari al nuovo, presso i centri di demolizione di materiali ferrosi. Il riduttore che ho usato in questo progetto è stato reperito in uno di questi centri ed è stato pagato circa la metà del suo costo riferito al prodotto nuovo.

L’impiego di un tale riduttore si presta molto bene come parte componente per la realizzazione di un rotore preciso ed affidabile. Per la completa costruzione del rotore servono solamente pochi altri componenti da abbinare al riduttore. Questi componenti da aggiungere sono un motore elettrico ed un dispositivo di fine corsa che sia  in grado di bloccare la rotazione del motore quando il dispositivo da azionare abbia compiuto una rotazione completa e, per ultimo, serve un “sensore” che sia in grado di rilevare la direzione assunta dall’antenna.

 

 

Il riduttore a vite senza fine che ho utilizzato (foto n.3) è marcato dalla SITI e presenta un rapporto di riduzione di 15/1 vale a dire che per avere un giro dell’albero condotto sono necessari 15 giri sull’albero di presa. Questo riduttore è dotato di una flangia per essere fissato al motore che provvedere a trasferire la sua forza motrice. L’albero di presa è quello che va collegato al motore mentre l’albero condotto è quello che mediante un adeguato accoppiamento va fissato al palo che provvede alla rotazione dell’antenna. Lungo l’asse dell’albero è presente una piccola scanalatura che mediante una chiavetta da incastrare nei suoi incavi provvede a bloccare i dispositivi ad essi collegati. Come tutti gli ingranaggi a vite senza fine, il moto di rotazione è irreversibile ovvero l’albero di presa può far girare l’albero condotto, come è giustamente logico che sia, ma non è possibile il contrario e per questo motivo il riduttore agisce in maniera efficace da freno meccanico, poiché quando il rotore è fermo il sistema è autobloccante. L’elevata resistenza e la coppia di torsione è in funzione del tipo di riduttore utilizzato con valori che possono spaziare da qualche centinaio fino a qualche migliaio di Nm. Un aspetto molto importante è che l’albero condotto, che si può intravedere nella cavità inferiore della flangia, dispone di un foro del diametro di 7 mm ed una vite laterale esagonale che servirà per bloccare il dispositivo di rivelazione della direzione. Il dispositivo che ho utilizzato per avere l’indicazione della posizione dell’antenna è un potenziometro multigiri.  Il potenziometro dovrà avere un valore di 10 kohm e 10 giri di rotazione: vanno bene anche altri similari che sono facilmente reperibili dai rivenditori di elettronica, come pure può essere acquistato anche on-line come ho fatto io. Il potenziometro, mediante la sua vite, andrà fissato sotto la flangia mentre il perno andrà infilato nel foro dell’albero condotto e con questo reso solidale stringendo la vite laterale. E’ molto importante proteggere il potenziometro dalle infiltrazioni di acqua e per questo ho realizzato una copertura di alluminio a forma di bicchiere che lo avvolge tutto attorno (foto n.4). Il cavo tripolare collegato ai terminali del potenziometro deve fuoriuscire dalla parte laterale dello stesso bicchiere. Sul fondo del bicchiere deve essere praticato un piccolo foro per evitare, al suo interno, la formazione di condensa.

 


Per quanto riguarda il motore che andremo ad utilizzare per movimentare il gruppo vite senza fine è necessario conoscere il numero dei giri dello stesso motore che andremo ad impiegare. Partendo dal presupposto che l’antenna debba compiere un giro completo di 360° in un tempo di un minuto cioè 1 rpm ( vedremo di seguito poi come modificare il giro completo in un tempo maggiore) e sapendo che il rapporto di riduzione del nostro riduttore è di 15/1, il motore da impiegare dovrà  avere un regime di rotazione pari a 15 rpm. Sicuramente non sarà facile  poter disporre di un motore che abbia questo preciso valore ma avremo comunque la possibilità di poter arrivare a questo valore partendo anche da valori differenti. Il motore che ho reperito per questo scopo (foto n.5) era utilizzato per azionare il tergicristallo di una automobile ed è stato recuperato presso un centro di demolizioni auto.

 


Questo motore funziona in corrente continua con una tensione nominale di 12 V. Risulta importante accertarsi che il conduttore di alimentazione negativa non sia collegato alla carcassa metallica del motore. Nel caso lo fosse occorre fare in modo di scollegarla. Il motore è provvisto di un riduttore di giri in grado di garantire una notevole forza di rotazione poiché è impossibile fermarlo con le mani. Questo motore, quando è alimentato a 12 V, ha un regime di rotazione è di circa 60 rpm, valore che può essere diminuito riducendo la tensione di alimentazione senza avvertire perdite di potenza. Non essendo possibile ridurre la sua velocità al valore di  15 rpm, la soluzione che ho adottato è stata quella di fissare un piccolo ingranaggio sul perno del motore ed un ingranaggio di dimensioni maggiori con rapporto di 1/4 sul perno dell’albero di presa: i due ingranaggi risultano perfettamente allineati fra loro e ruotano assieme per mezzo di una piccola catena protetta da un “carter” (foto n.6). 

 


Questa soluzione partendo da 60 rpm consente di ridurre la velocità di rotazione al valore di 15 rpm e pari al numero di giri che serve per l’albero di presa affinché l’albero condotto possa fare 1 rpm.  Dall’unione di queste parti si ottiene praticamente il rotore: ora dobbiamo realizzare l’accoppiamento fra l’albero condotto ed il palo che deve far ruotare l’antenna. Questo si ottiene con l’impiego di un giunto elastico che è particolarmente indicato per gli impianti di antenne di grandi dimensioni. Questo giunto permette un corretto accoppiamento meccanico del rotore con il mast o palo di supporto delle antenne e serve per compensare inevitabili spostamenti assiali, radiali ed angolari degli stessi. Inoltre ammortizza in maniera eccellente i fortissimi urti provocati da raffiche di vento o dalla partenza o inversione di rotazione e frenata del rotore, oltre a prevenire le inevitabili rotture a fatica delle parti meccaniche in movimento (foto n.7). 


 

La stella dentata elastica utilizzata è di media durezza e si innesta da una parte nell’albero condotto mentre dalla parte opposta entra con precisione all’interno di un palo zincato da 1 pollice e mezzo: queste parti sono bloccate con una vite passante di acciaio inox da 5mm.    

 

 

Dispositivo di fine corsa

Il dispositivo di fine corsa, di tipo elettromeccanico, è stato realizzato con due diodi e due microswitch inseriti all’interno di un piccolo contenitore Teko mod. P/1.2 delle dimensioni 85 x 56 x 35,5 mm (foto n.8). 


Il contenitore è posizionato in corrispondenza dell’albero motore dato che una levetta ad esso collegata dovrà azionare, nei punti prestabiliti, l’apertura dei contatti dei corrispondenti microswitch in modo da interrompere l’alimentazione al motore e bloccarne la rotazione. Questo dispositivo deve essere inserito in serie al motore (figura n.2) poiché i diodi ed i microswitch, opportunamente collegati, permetteranno al motore in corrente continua di essere alimentato, sia in un verso che nell’altro così da poter ruotare indifferentemente in una direzione o nell’altra.

 


Il funzionamento avviene in questo modo: premendo il pulsante di sinistra P2A, posto sul pannello frontale del control-box, alimenteremo il pin 2 del motore con una tensione positiva. Il motore inizierà a ruotare in senso antiorario fino a quando la levetta posta sull’albero motore andrà ad azionare, in corrispondenza del fine corsa prestabilito, l’apertura del contato del microswitch M2 per interrompere l’alimentazione al motore. Successivamente premendo il pulsante di destra P2B, posto sul pannello frontale del control-box, alimenteremo dal pin 1 il motore con una tensione positiva essendo chiuso il contatto del microswitch M1 mentre il contatto M2 essendo momentaneamente aperto si trova ad essere bypassato dal diodo D2 in stato di conduzione. In questo modo il motore inizierà a ruotare in senso orario fino a quando la levetta, posta sull’albero motore, si troverà in corrispondenza dell’altro fine corsa per azionare l’apertura del contato M1 ed interrompere l’alimentazione al motore stesso. La rotazione del motore in senso antiorario riprenderà premendo nuovamente il pulsante P2A che alimenterà nuovamente il pin 2 con una tensione positiva, essendo chiuso il contatto M2 mentre l’altro contatto M1 essendo momentaneamente aperto sarà bypassato dal diodo D1 in stato di conduzione.

 

La presente descrizione è stata pubblicata su Radio Kit Elettronica del mese di ottobre 2021 a pag. 10 

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