I4CIV  Onorio Cenni                                     i4civ.onorio@gmail.com

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                                                                              Onorio Cenni

MODIFICA DI UN MODULO AMPLIFICATORE UMTS PER LA BANDA AMATORIALE 2320 MHz

 Il modulo è in grado di erogare una potenza di oltre 150 W con una potenza in ingresso di 40 mW

 

Premessa

L’amplificatore (Foto n.1) era utilizzato nelle stazioni base UMTS per traffico dati a larga banda. La sua frequenza di lavoro è compresa da 2110 MHz a 2170 MHz, mentre la potenza di uscita si attesta a circa 50 W in classe lineare su di una banda di circa 4 MHz, così come richiesto dalle specifiche di funzionamento di questi dispositivi. Per poter garantire una perfetta linearità in una banda così ampia, nel suddetto modulo sono utilizzati transistor LDMOS appositamente progettati per questo specifico uso. Lo stadio finale comprende un transistor dedicato agli amplificatori Doherty e contiene nella sua struttura due LDMOS. 

Il presente modulo non riporta nessuna marca e modello, quindi è impossibile reperire il suo schema elettrico. Ad ogni modo, attraverso un’accurata osservazione, non è difficile comprendere la sua architettura. Sulla base della disposizione dei componenti utilizzati (Foto n.2),




partendo dalla sinistra possiamo riscontrare il connettore per l’ingresso del segnale che utilizza un particolare connettore p-smp. Di seguito si nota lo stadio driver sul cui ingresso è inserito un pad attenuatore a “T” da 10dB. Il driver è un MMIC marcato MW7IC2240NR1 prodotto da NXP Freescale Semiconductor ed in particolare si tratta di un circuito integrato a  larga banda “internally-mached” da 2000 MHz a 2200MHz – Le specifiche sono disponibili sul sito: https://www.nxp.com/docs/en/data-sheet/MW7IC2240N.pdf. Questo componente è in grado da solo di erogare fino a 30 W di potenza RF. Segue l’LDMOS di potenza siglato BLC8G22LS-450AV, prodotto da Ampleon, e anche questo è “internally-matched” da 2110 MHz a 2170 MHz, le cui specifiche sono disponibili sul sito: https://www.ampleon.com/documents/data-sheet/BLC8G22LS-450AV.pdf. Questo l’LDMOS è in grado di erogare oltre 150 W di potenza RF. Il resto della componentistica serve a gestire le alimentazioni dei componenti di potenza e la generazione delle tensioni di bias per una corretta corrente di riposo dei dispositivi attivi. Anche per l’uscita della potenza RF è stato utilizzato un connettore dello stesso tipo di quello montato sull’ingresso. Come già specificato i componenti attivi sono tutti internally-matched sulle frequenze sopra riportate. questo significa che al loro interno è presente un filtraggio per limitare la banda di utilizzo e per facilitare l’adattamento di impedenza, semplificando quindi la circuiteria stessa. Considerando che la banda dei 13 cm, ed in particolare la frequenza dei 2320 MHz, non è poi così distante da quella del progetto originale, vale la pena di intervenire sul modulo amplificatore e farlo funzionare sulla frequenza di nostro interesse.

  

Descrizione del modulo

E’ necessario sintonizzare in banda amatoriale di nostro interesse (2320 MHz) sia lo stadio driver che lo stadio finale del modulo amplificatore UMTS. Prima di procedere alla modifica è buona norma osservare lo stato di conservazione del modulo e successivamente procedere ad alimentarlo alla sua tensione di funzionamento di 28 V. Prima di procedere alla saldatura del cavo positivo di alimentazione sulla pista del circuito stampato, occorre individuare questo punto di alimentazione. Il cavo va saldato nel punto in cui la pista del circuito stampato si presenta ampia e spessa (Foto n.3).


Di seguito si dovrà  saldare un altro cavetto più sottile, nel punto in cui si intravede un piccolo bollino sul circuito stampato a traccia più sottile, e questo cavetto andrà utilizzato per fornire l’alimentazione positiva  (28 V) al bias dell’LDMOS finale (Foto n.4).



Prima di alimentare il modulo a 28 V è bene attivare sull’alimentatore la limitazione della corrente assorbita per proteggere il modulo da un anomalo assorbimento di corrente. Il valore di protezione va regolato per limitare la corrente a circa 2 A. In questa prima fase alimenteremo il modulo a 28 V senza fornire la tensione al circuito del bias del LDMOS finale. In questa condizione si dovrà osservare un assorbimento di corrente di circa 600 mA, che rappresenta la corrente di riposo dello stadio driver. Successivamente, applicando anche la tensione di 28 V al cavetto sottile, potremo osservare che la corrente aumenta a 1400 mA. La corrente rilevata, somma delle due correnti di riposo, è esattamente quella indicata nelle specifiche dei corrispondenti data-sheet. Le tensioni di bias sono gestite internamente da un paio di stabilizzatori di tensione, seguiti da riferimenti di tensione di precisione. Per l’uso amatoriale risulta comodo poter controllare le tensioni di bias in modo da poter tenere sempre alimentato l’amplificatore con i 28 V, in interdizione, ed applicare la tensione di bias solamente quando si va in trasmissione. I vantaggi sono molteplici, in particolare non si consuma corrente, quindi non si genera calore inutile. Inoltre, quando si è in ricezione, si evita di generare del rumore sul ricevitore, dato che l’amplificatore non è polarizzato. Va specificato che i valori delle correnti di riposo non sono modificabili, poiché non è previsto nessun potenziometro per la loro regolazione. Nel modulo non è prevista l’interruzione della corrente di riposo del driver. Per non complicare troppo le modifiche è preferibile interrompere solamente la corrente di riposo dello stadio finale. Conseguentemente il cavetto piccolo, una volta collegato alla tensione di 28 V, andrà ad alimentare  il circuito che genera la corrente di riposo del LDMOS. Dovremo quindi portare esternamente al box questo picciolo conduttore mediante un condensatore passante. Per fornire la tensione di 28 V al pin esterno del condensatore passante utilizzeremo un piccolo relè od un transistor PMOS, comandato dal PTT, che a contatto chiuso, fornirà la corrente di riposo del LDMOS. Questa soluzione può essere ritenuta ugualmente valida nonostante non preveda l’interruzione della corrente di riposo del driver. Con questa procedura abbiamo potuto constatare che tutti i componenti del modulo funzionano regolarmente.

 

Descrizione delle modifiche

Le modifiche eseguite sul modulo fanno riferimento alle indicazioni fornite da due radioamatori polacchi SP5XMU e SP8XXN, e sono descritte al seguente link: 

 "http://www.sp5xmu.pl/13cm/PA_BLC8G22LS_450AV_3.pdf" HYPERLINK "http://www.sp5xmu.pl/13cm/PA_BLC8G22LS_450AV_3.pdf"_450AV_3.pdf.

Gli autori hanno provveduto ad eliminare quattro condensatori SMD e a spostare di circa 8 mm la posizione di un altro condensatore SMD lungo la linea dove era posizionato in precedenza. Inoltre hanno aggiunto, in un preciso punto, un condensatore SMD da 1.8 pF. Questi interventi consentono di ottimizzare, alla frequenza di 2320 MHz, il funzionamento del modulo. Gli autori delle modifiche specificano di aver utilizzato un VNA per la messa a punto dei circuiti di ingresso (Gate). Aggiungono inoltre che Il metodo usato per la messa a punto è un pò grossolano e pertanto non escludono che, con altre modalità di taratura, siano possibili risultati migliori. Tali modifiche si possono eseguire senza avere a disposizione una stazione di lavoro adatta per gli interventi sui circuiti a microonde. Per  dissaldare i condensatori SMD io non ho usato nessuna stazione dissaldante ad aria calda onde evitare di dissaldare, in alcuni punti, i componenti posizionati in prossimità dei punti di intervento. Ho pertanto adoperato un comune un saldatore elettrico, alimentato a 24 V, e provvisto di una particolare punta fatta in modo da poter di rimuovere facilmente i condensatori SMD. Ho praticato sulla punta di ricambio del saldatore una piccola una scanalatura con due piccole punte laterali (Foto n.5).
  Questa specie di “dima” va realizzata della stessa misura, sia in larghezza sia in profondità, del componente SMD da rimuovere. Per dissaldare il componente, la punta del saldatore deve essere ben calda e posizionata sopra il componente da rimuovere. Questo, con il calore delle due punte, si distacca facilmente dalle piste del circuito stampato. Invece la procedura per saldare gli altri due componenti SMD può essere quella solita dettata dalla propria esperienza.


 

Descrizione del box per il modulo

A modifiche completate il modulo deve essere inserito all’interno di in un box auto-costruito delle dimensioni esterne di 120 mm x 115 mm x 35 mm (Foto n.6)



Questo box è stato realizzato mediante fresatura, partendo da un unico blocchetto di alluminio. Al suo interno sono stati previsti quattro punti di ancoraggio che permettono di fissarlo al piano levigato del dissipatore di alluminio. Per fissarlo, al piano del dissipatore, sono state utilizzate quattro viti di acciaio inox da 3 mm (Foto n.7).


Per la copertura superiore del box ho utilizzato una lastra di alluminio di 2 mm di spessore. Il coperchio così realizzato deve essere fissato al box mediante sei viti di acciaio inox da 3 mm (Foto n.8).



La costruzione del box, oltre a proteggere meccanicamente il modulo, serve da schermatura per la radiofrequenza. Si raccomanda durante il funzionamento dell’amplificatore che il coperchio sia fissato al suo box. Questa precauzione evita che eventuali emissioni di radiofrequenza possano colpire gli occhi. Il lavoro sul box, per essere completato, necessita che siano praticati alcuni fori sulle due pareti laterali. Per primo si dovranno realizzare due fori in corrispondenza del punto di alimentazione e del PTT. All’interno di questi fori si dovranno avvitare due condensatori passanti (Foto n.9)
.

Sul foro di dimensioni maggiori, del diametro di 6.3 mm, si fisserà il condensatore passante sul quale andrà saldato il cavo per l’alimentazione positiva del modulo, mentre attraverso il foro del diametro di 4 mm si fisserà il condensatore passante più piccolo sul quale si salderà il cavo che servirà a comandare il PTT. Infine sul lato opposto si dovranno eseguire altri due fori in prossimità dei connettori di ingresso e di uscita della potenza del modulo  (Foto n.10).


I fori dovranno essere di misura precisa per consentire il passaggio dei cavi coassiali. Il costruttore del modulo ha usato, in entrata e uscita dei connettori RF tipo p-smp. Questi connettori sono poco usati e di difficile reperibilità e quindi è consigliabile sostituirli con dei connettori N oppure SMA. Una possibile soluzione per evitare di perdere diversi watt di potenza nei cavi e vari connettori, che a 2320 MHz sono piuttosto rilevanti, è quella di saldare direttamente i cavi coassiali nei punti lasciati liberi, previa modifica dai connettori originali. Occorre pertanto, mediante un piccolo seghetto, tagliare a metà altezza i connettori originali in modo da poter saldare i direttamente i cavi coassiali nei punti di ancoraggio formati dopo l’eliminazione dei connettori. I cavi coassiali così saldati dovranno attraversare le pareti del box e terminare con dei propri connettori. Considerato la potenza di transito irrisoria e questioni meccaniche, il cavo coassiale in ingresso sarà un cavo di diametro approssimativo di 2 mm. Potrà essere usato un cavo con dielettrico in teflon flessibile tipo RG 316, oppure il semirigido UT086 intestato con connettore SMA maschio. Mentre per l’uscita, essendo la potenze oltre 150W, si dovrà usare un cavo isolato in teflon tipo RG 142 oppure UT141/RG400 intestato con un connettore N maschio.

 

Banco di misura

Per sottoporre ad una precisa verifica il suddetto amplificatore di potenza, in seguito abbreviato in PA, mi sono recato nel laboratorio del caro amico Agostino IK4OMN. Agostino è un tecnico di provata esperienza professionale ed è sempre disponibile ad effettuare test specifici nel suo attrezzato laboratorio di misure in ambito R.F. Il banco di misura per testare il PA (foto n.11)



era così composto: Per pilotare l’ingresso del PA abbiamo usato un generatore Agilent E4437B che a sua volta pilota un piccolo amplificatore lineare da 1,5 W. La potenza dell’ingresso viene misurata tramite un Power Meter HP 437B + testina HP8482A montata su occoppiatore direzionale. La potenza di pilotaggio, del generatore, poteva essere regolata con continuità. Per rilevare la potenza dal lato uscita del PA abbiamo utilizzato un Rohde-Schwarz power meter NRVD + testina urv5-z5 (10MHz – 18GHz). Il set di misura terminava con un attenuatore passante da 40 dB più ulteriori 10 dB della Weinschel in grado di dissipare una potenza di 500 W.

 

Verifica del funzionamento

Per questa verifica il PA è stato alimentato con una tensione fissa di 27 V non avendo a disposizione un alimentatore specifico in grado di fornire i 28 V come richiesto dal progetto del modulo del PA. Per motivi precauzionali abbiamo iniziato partendo con una potenza di 1 mW e, nonostante l’esigua potenza, il PA era già in grado di erogare in uscita circa 15 W. Abbiamo proseguito nel test andando ad effettuare le successive misure per tre valori di potenza di pilotaggio. Con 20 mW in ingresso la potenza di uscita si attestava sul valore di 100 W, con 30 mW a 140 W ed infine (foto n.12)




con circa 40 mW l’uscita si attestava attorno a 154 W (foto n.13).


Con 154 W di potenza, la corrente assorbita dal PA era di 20.5 A mentre la tensione misurata ai morsetti del PA era di 26 V a causa della caduta di tensione originata dai cavetti utilizzati perché di scarsa sezione e quindi non adeguati alla corrente assorbita dal PA. Ci siamo fermati alla potenza di 154 W sia perché era il nostro obiettivo di riferimento ma anche per motivi tecnici (cavi e ventilazione non adeguati). Nonostante tutto, nelle suddette condizioni, abbiamo riscontrato che il PA non andava in compressione e c’era ancora la possibilità di incrementare ulteriormente la potenza. Il calcolo energetico con alimentazione a 26 V ed una corrente assorbita di 20.5 A è pari a 533 W consumati corrispondenti ad un rendimento del 28.9%. L’elevato consumo dell’amplificatore fa sì che per l’alimentazione si devono usare dei cavi di adeguata sezione e provvedere ad un buon raffreddamento del modulo perché genera parecchio calore (circa 383 W se ne vanno in calore). Il PA è stato fissato su di un dissipatore di alluminio allettato  dalle dimensioni di 200 mm x 200 mm x 50 mm, raffreddato da un lato per mezzo di due ventole assiali che spingono l’aria attraverso le alette. Dalla parte opposta del dissipatore, un'altra ventola assiale aspira l’aria calda generata (Foto n.14).


Ciascuna ventola funziona a 12 V e sono pertanto collegate in serie fra di loro. Ho previsto per le ventole un funzionano continuo indipendentemente dallo stato di ricezione o trasmissione del sistema. Alimentando le tre ventole in serie con 27 V, anzichè al valore di tensione nominale di 36 V, le pale delle ventole ruotano ad una velocità più bassa e di conseguenza rendono il sistema più silenzioso ma con minor dissipazione di calore. Questo è un aspetto importante nel caso che il PA sia ubicato in prossimità dell’operatore. Mentre, per evitare elevate perdite di potenza, l’amplificatore dovrà necessariamente essere posizionato in prossimità dell’antenna e conseguentemente il rumore generato dalle ventole non arrecherebbe alcun fastidio.

 

Cosiderazioni finali

In previsione di una installazione remota e ritenendo importare migliorare ultriormente la dissipazione di calore del radiatore di alluminio provvederò ad aggiungere, alle tre esitenti, un’altra ventola. Le quattro ventole saranno collegate in modo che ogni gruppo di due sia in serie fra di loro ed in parallelo con l’alimentazione del PA, in modo che ciascuna ventola possa essere alimentata con la tensione nominale di funzionamento. Un’ulteriore ottimizzazione sarà possibile utilizzando per l’alimentazione del PA cavi di adeguata sezione in grado di minimizzare le cadute di tensione originate dalla elevata corrente assorbita. Ringrazio Agostino IK4OMN per avermi messo a disposizione il suo banco di misura e Giorgio IK3GHY per avermi fornito dei buoni consigli oltre al suddetto modulo che ho modificato.

 

                                                                                                                      I4civ.onorio@gmail.com

La presente descrizione è stata pubblicata su RadioKit Elettronica del mese di maggio 2023 a pag, 30

 


                                                                                                               I4CIV - Onorio Cenni


Attenuatori di valore fisso utilizzabili dalla DC a

500 MHz

                    Costruzione e messa a punto

 

Premessa

Chiunque si interessa seriamente di elettronica conosce molto bene l’importanza che ha la strumentazione elettronica ed i relativi accessori in un banco di misura per la taratura e l’ottimizzazione dei propri progetti. A volte può succedere di non poter completare, con la dovuta precisione, la messa a punto di alcune apparecchiature proprio per la indisponibilità di alcuni accessori. Fra questi possiamo citare gli attenuatori resistivi che in elettronica trovano tantissime applicazioni sia in bassa che in alta frequenza. In (foto n.1) sono mostrati alcuni di questi attenuatori prodotti da importanti aziende del settore che sono conosciute in tutto il mondo per la produzione di componentistica in ambito RF. Poiché avevo a disposizione alcuni di questi oggetti ho pensato, per una mia soddisfazione personale, di testarli per verificare la rispondenza dei valori riportati sulla targhetta e fare, nel contempo, alcuni confronti con quelli auto costruiti.

Gli attenuatori di cui disponevo potevano essere utilizzati solamente per piccole potenze: poiché avevo la necessità di doverli utilizzare anche per potenze più elevate ho deciso di realizzare alcuni attenuatori  in grado di soddisfare questa mia necessità. Oltre una maggior potenza occorreva valutare anche la precisione della attenuazione. Se si desidera progettare  gli attenuatori con un grado di precisione elevata è indispensabile utilizzare, per la costruzione, resistori puramente resistivi con valori prossimi a quelli teorici calcolati ed, allo stesso modo, la realizzazione meccanica dovrà possibilmente annullare o quanto meno minimizzare gli effetti induttivi/capaciti indesiderati. Diversamente accettando un minor grado di precisione potremo disporre di un maggior margine di tolleranza così da poter utilizzare direttamente i valori standard dei resistori reperibili in commercio. In ogni caso l’attenuazione teorica dovrà essere costante a partire dalle frequenze più basse fino al valore della frequenza che si intende utilizzare. Allo stesso modo l’impedenza in ingresso dovrà corrispondere al valore calcolato anche quando l’uscita dell’attenuatore sarà chiusa sulla impedenza caratteristica del dispositivo ad esso collegato elettricamente. Per questi attenuatori ho preso come riferimento sia la configurazione a “pi greco” che quella a “T” in versione asimmetrica o sbilanciata, vale a dire che le tensioni applicate nel circuito sono riferite con un capo a massa. All’atto pratico risulta indifferente usare un attenuatore del tipo a “pi greco” od a “T” in quanto  la loro scelta dipende unicamente dai resistori disponibili. E’ consigliabile procedere al calcolo del  valore dei resistori in entrambe le configurazioni e poi scegliere quello che è più facilmente realizzabile sulla base dei resistori disponibili. La pratica consiglia di orientarsi sugli attenuatori a “pi greco” perché forniscono generalmente valori di resistenze più alti che possono essere ottenuti mediante combinazioni in parallelo di più elementi. Questo progetto prevede il calcolo e la realizzazione di alcuni attenuatori asimmetrici con valori fissi di attenuazione e diversi valori di potenza e frequenze di utilizzo. Gli attenuatori sono stati calcolati per avere attenuazioni pari a 1,5dB,  3dB, 6dB, 10dB e 20dB e per potenze di 10 W, 20 W e 50 W che possono essere utilizzabili fino alla frequenza di 500 MHz. Di seguito riporterò qualche risultato ottenuto dai test eseguiti sugli stessi ed infine, per concludere, riporterò una misura eseguita all’attenuatore prodotto dalla “Narda” con potenza di 1W ed attenuazione 5dB che può essere utilizzato fino alla frequenza di 18 GHz.  

 

 Descrizione degli attenuatori 

Per poter ricavare i valori dei resistori con cui realizzare questi attenuatori, in Internet[1] si possono trovare alcuni semplici programmi in grado di calcolarli velocemente; similmente sono reperibili anche delle tabelle con indicati tutti i valori dei resistori senza doverli inserire nel programma o calcolarli matematicamente. Se utilizziamo uno dei tanti programmi disponibili “on line” dovremo, innanzitutto, definire se calcolare un attenuatore con cella a “pi greco” oppure a “T”. Avendo scelto la disposizione a “pi greco” dovremo impostare il valore di impedenza in ingresso/uscita che, nel nostro caso, sarà pari a 50 ohm, e di seguito dovremo definire il valore di attenuazione. Dopo l’inserimento dei dati previsti, il programma ci mostrerà immediatamente i valori delle tre resistenze necessarie per il valore di attenuazione previsto. Per il calcolo di altri valori si procederà inserendo altri dato nello stesso modo. E’ interessante notare che, per ogni attenuatore a “pi greco”, sia il resistore dal lato d’ingresso che quello dal lato uscita abbiano stesso identico valore resistivo.  Ovviamente valori identici per lo stesso valore di attenuazione ma differenti valori resistivi per ogni grado di attenuazione calcolato. I valori calcolati dal programma sono teorici ed a volte presentano anche alcuni decimali: difficilmente i valori resistivi potranno coincidere con i valori standard dei resistori reperibili sul mercato. Però quando i valori teorici si discostano di poco dai valori nominali standard potremo fare una scelta fra diversi resistori con lo stesso valore su di essi riportato e sfruttare a nostro beneficio le tolleranze dei componenti. Con un preciso ohmmetro non sarà difficile scegliere quei resistori con i valori più prossimi a quelli calcolati. Se questo non bastasse potremmo collegare in parallelo diversi resistori ”selezionati”  sempre allo scopo di ottenere quel valore più prossimo a quello teorico così che le prestazioni che potremmo ottenere siano allineate con i valori teorici di attenuazione e di impedenza.

Per frequenze superiori a 30 MHz sarà necessario usare dei resistori a strato di carbone non induttivi. Occorre distinguere quelli a strato di carbone da quelli a strato metallico in quanto pur essendo in contenitori a sezione circolare differiscono per come i reofori sono collegati al corpo. Infatti nei resistori a strato metallico esiste un cappello su entrambe le estremità del cilindro su cui sono fissati i reofori. Invece in quelli a carbone non esiste alcun cappello ed i reofori sono infilati nel cilindro. Un altra verifica è quella di spezzare i due differenti resistori: quelli a stato metallico ci appaiono di sezione bianca e sverniciandoli evidenzieranno una spirale metallica che unisce i due cappelli, invece quelli a carbone si presenteranno come un contenitore pieno di una sostanza di colore nero. Circa la potenza dei resistori da impiegare questa dovrà soddisfare i valori previsti nel progetto.

 

Attenuatori da 1,5dB - 3dB - 6dB - 10dB – 5 W realizzati a “pi greco”

Per la costruzione di questi attenuatori ho utilizzato dei resistori a strato di carbone sul corpo dei quali ho avvolto un piccolo e sottile foglio di rame allo scopo di creare una piccola capacità in grado di compensare l’induttanza dei reofori. I resistori, con i reofori molto corti, sono stati inseriti all’interno di un contenitore in lamierino di ferro stagnato dalle dimensioni 54 x 29 x h21 mm. (foto n.2)



I resistori sono fissati stabilmente saldando i reofori relativi all’ingresso ed all’uscita direttamente sui centrali dei connettori BNC, di buona qualità, mentre gli altri due restanti reofori sono saldati a massa. I due connettori BNC sono stati fissati sui lati minori ed opposti del contenitore. I valori per questi attenuatori, realizzati con disposizione a “pi greco” sono indicati in figura n.1 dove per ogni valore calcolato troviamo a fianco i valori nominali dei resistori da mettere in parallelo e che sono stati ottenuti a seguito di una precisa misura degli stessi.



Per verificare i risultati ottenuti basta collegare un generatore da un lato ed un carico resistivo dall’altro con applicato un adatto voltmetro. Come frequenza di prova si potrà utilizzare il classico valore di 1 kHz. Per calcolare esattamente l’attenuazione ottenuta occorrerà usare la seguente formula:

Att (dB) = 20 x log10 V out / V in

I valori ottenuti sono stati riscontrati in ambito audio mentre per conoscere il comportamento degli attenuatori in ambito RF dovremo utilizzare una strumentazione adeguata allo scopo.

Per questa verifica ho utilizzato un piccolo analizzatore prodotto dalla AAI mod. N1201SA, che dopo essere stato calibrato in un range di frequenze comprese da 137,5 MHz a 500 MHz ha mostrato i risultati di seguito indicati. Va precisato che i valori misurati, dallo strumento in dB, sono pari a due volte l’attenuazione e conseguentemente i valori riscontrati debbono essere divisi per due.



La risposta del attenuatore realizzato per una attenuazione teorica di 3 dB è decisamente buona fino a 500 MHz. Infatti il valore riscontrato a 144 MHz è di 3,46 dB e di 3,52 dB a 432 MHz(foto n.3 e n.4)



Mentre la risposta dell’attenuatore da 6 dB pari a 5,78 dB a 144 MHz e mostra una discesa del valore di attenuazione al disopra di 300 MHz che si riduce a 4 dB a 500 MHz. (foto n.5).


Allo stesso modo si comporta l’attenuatore da 10 dB che a 144 MHz ha attenuazione pari 9,05 dB. (foto n.6). Va precisato che l’analizzatore non consentiva di scendere al di sotto della frequenza di 137,5 MHz. Ritengo tuttavia verosimile che anche i valori misurati, anche alle frequenze più basse, non presentino valori peggiori rispetto a quello presentato alla frequenza minima alla quale è stato rilevato il valore.


 

Attenuatore da 6dB – 20 W realizzato a “pi greco”

Per questo attenuatore è consigliabile l’uso di un contenitore in lamierino di ferro stagnato Teko mod. 373 dalle dimensioni di 105 x 50 x h 26 mm munito di coperchio con tenuta a molla che permette una buona massa metallica. Anche per questo attenuatore sono stati utilizzati resistori a strato di carbone adeguati al valore della attenuazione e della potenza di progetto (figura n. 2)



I resistori sono stati fissati ai reofori dei centrali dei connettori BNC relativi all’ingresso ed all’uscita, mentre gli altri due restanti reofori sono saldati a massa. I due connettori BNC sono stati posizionati sulla superficie superiore del contenitore. (foto n.7) I valori di attenuazione che ho misurato sono in linea con il valore calcolato, mentre per la risposta in frequenza non è conveniente utilizzarlo oltre al valore di 200 MHz. 

 


Attenuatore da 3dB – 50 W realizzato a “T”

Il montaggio è stato eseguito su un circuito stampato argentato a doppia faccia e fissato all’interno di un contenitore in PVC recuperato dallo smontaggio di un vecchio preamplificatore di antenna per la TV analogica. Le misure sono di 110 x 70 x h 40 mm con i connettori di entrata ed uscita fissati sui lati opposti della superficie minore.(foto n.8)


I resistori utilizzati sono quelli a strato metallico e senza alcuna compensazione induttiva/capacitiva in quanto avevo previsto di utilizzare questo attenuatore per una frequenza che al massimo poteva raggiungere i 30 MHz. Inoltre ero interessato in questo modo di vedere, a livello strumentale, quali sarebbero stati i risultati ottenuti. Dal lato d’ingresso dell’attenuatore la R1 è composta da 6 resistori da 51 ohm 10 W messi in parallelo fra di loro, mentre per la R2, con un capo che andrà collegato a massa, ho utilizzato un resistore da 150 ohm 10 W. Infine la R3 dal lato uscita é composta da 6 resistori da 47 ohm 5W. (figura n.3)

Per questa verifica ho utilizzato il nanoVNA che dopo essere stato calibrato da 50kHz a 30 MHz mostra una attenuazione decisamente buona a lineare fino a 30 MHz  pari a 2,85 dB a fronte di una attenuazione teorica prevista di 3 dB. (foto n.9)


 Attenuatori da 1dB-5W e da 20dB-50W realizzati con chip

Poiché avevo recuperato, da una scheda elettronica, un paio di chip con le caratteristiche sotto-indicate ho provveduto, per un funzionamento continuo a piena potenza, a fissarli su adeguati dissipatori alettati di colore nero dalle dimensioni di 20 x 15 x h 15 mm e 100 x 90 x h 40 mm. I due attenuatori sono stati completati fissando due connettori BNC femmina per l’ingresso e l’uscita. (foto n.10 e 11). 




Le caratteristiche dei due chip, che ho rilevato da una ricerca in Internet, sono per quello di dimensioni minori un 1dB e 5W se fissato su di un adeguato dissipatore, mentre l’altro 20dB e può essere utilizzato fino ad una potenza di 50W. Entrambi presentano una impedenza caratteristica di ingresso ed uscita pari a 50 ohm e possono essere utilizzati fino ad frequenza massima di 2 GHz. La risposta dell’attenuatore, realizzato per una attenuazione teorica di 1dB, è decisamente buona fino a 500 MHz. Infatti il valore riscontrato a 432 MHz è stato di 0,88 dB (foto n.12).


 Attenuatore “Narda da 1W 5dB

Infine ho testato un attenuatore resistivo, prodotto dalla “Narda”, da 1 W munito di connettori SMA sulla cui targhetta è riportato il valore di attenuazione corrispondente a 5dB utilizzabile fino alla frequenza di 18 GHz. Anche per questa verifica ho utilizzato un piccolo analizzatore prodotto dalla AAI mod. N1201SA, che dopo essere stato calibrato ha mostrato che l’attenuazione, alla frequenza di 1296 MHz, era pari a 5,01 dB e che la stessa attenuazione rimaneva costante fino alla frequenza di 2,7 GHz. Purtroppo mi sono dovuto fermare a questo valore di frequenza perché lo strumento in mio possesso non consentiva di andare oltre.(foto n.13) Da questa semplice verifica appare tuttavia verosimile che anche alle frequenze più altre, questo piccolo attenuatore, presenti i valori di attenuazione dichiarati.

 


 Conclusioni

Con questo contributo desidero far crescere nei lettori, soprattutto in quelli “principianti”, oltre alla voglia di replicare quanto da me realizzato, il desiderio nei confronti dell’autocostruzione. Sono infatti persuaso che l’autocostruzione possa essere particolarmente interessante, soprattutto partendo da semplici progetti che siano in grado di garantire un buon rapporto fra le attese ed i risultati che si possono ottenere. Infatti questa modalità di lavoro ed i buoni risultati che si possono conseguire, gratifica e soddisfa chi li realizza, al punto da stimolare ed incoraggiare, anche chi è “alle prime armi”, ad intraprendere l’interessantissima avventura dell’autocostruzione..   

                                                                                        i4civ.onorio@gmail.com

Io ho utilizzato il sito : http://www.tarozzi.net/iz4sjp/index.php?p=1&q=3

La presente descrizione è stata pubblicata su RadioKit Elettronica del mese di febbraio 2023 a pagina 38


Semplici ed economici dummy load utilizzabili dalla DC a 1000 MHz


                     Costruzione e messa a punto

 

Descrizione

I carichi fittizi, detti anche dummy load, fanno parte di quegli accessori indispensabili in un laboratorio tecnico perché possono essere utilizzati in svariate applicazioni nel settore della radiofrequenza. Tipicamente presentano una resistenza/impedenza di carico pari a 50 ohm ed uguale a quella che è normalmente l’impedenza di un antenna. Quindi, uno dei campi di applicazione dei dummy load è quello di poter sostituire un’antenna quando si debbano eseguire test di messa a punto negli apparati ricetrasmittenti. In questo modo, è possibile eseguire la taratura in tutta sicurezza, evitando anche l’emissione di radiofrequenza che potrebbe disturbare un’ eventuale ricezione sulla stessa frequenza. I dummy load devono essere in grado di sopportare tutta la potenza in essi immessa che viene poi trasformata in calore da dissipare velocemente nell’ambiente. Le fogge costruttive di questi dispositivi sono differenti per dimensioni, in quanto dipendono dalla potenza che debbono dissipare e dalla frequenza di utilizzo. I valori di potenza possono spaziare da meno di 1 W fino ad  arrivare a diverse migliaia di W. Allo stesso modo, le frequenze di utilizzo possono iniziare dalla DC fino ad arrivare a qualche centinaio di GHz. In (foto n.1), sono mostrati alcuni dummy load di produzione industriale, per piccole e medie potenze e per frequenze fino a 20 GHz. Analoghi dummy load si possono anche auto-costruire, data la disponibilitá sul mercato di resistori adeguati a cifre irrisorie e la relativa facilità della loro realizzazione. Utilizzando un adeguato “case” ed il giusto resistore si possono ottenere le stesse prestazioni, in termini di potenza e di frequenza, di analoghi dummy load reperibili sul mercato, ma a costi decisamente più bassi. Nella descrizione che seguirà farò riferimento alla realizzazione di due semplici dummy load che ho costruito in maniera diversa sia per la tipologia dei resistori utilizzati che per la potenza e la frequenza di impiego.



 

Dummy Load da 250 W – 50 ohm DC- 1000MHz

Per realizzare questo dummy load ho utilizzato un resistore antinduttivo di precisione flangiato del tipo  “Hybrid Stripline”. Resistori di questo tipo vengono prodotti da varie ditte, le più conosciute sono la DICONEX, la RF Florida Lab., ecc…. Questo resistore è montato su di un chip resistivo che viene realizzato incidendo, con il laser, un substrato sottile resistivo di ossido di berillio. Il chip viene successivamente rivestito con materiale ceramico. Le sue dimensioni sono di 9,6 x 9,6 mm e lo spessore è di 2,8 mm. Il chip, così prodotto, viene poi  fissato su di una flangia metallica in rame nichelato dalle dimensioni di 24,9 x 9,6 mm e 2,8 mm di spessore che svolge funzioni di sostegno meccanico e di interfaccia termica per agevolare un veloce trasferimento di calore sviluppato dal chip verso il corpo del dissipatore. La sua flangia è provvista di due fori del diametro di 3 mm in modo che questa, con il relativo chip posizionato superiormente alla stessa, si possa fissare agevolmente ed in maniera meccanicamente solida ad un adeguato dissipatore. Il fissaggio della flangia al dissipatore si realizza utilizzando due bulloncini con le relative viti, in grado di bloccare energicamente la flangia su di una generosa aletta di raffreddamento. Analogamente ai Mosfet e/o i Transistor di potenza è consigliabile interporre una piastra di rame fra il dissipatore di alluminio e la flangia del chip, allo scopo di ottenere una migliore e veloce dispersione del calore in componenti che concentrano in modeste superfici una dissipazione di potenza/calore elevata. Pertanto, nonostante i pochi centimetri che possiede la superficie della flangia, è possibile trasferire rapidamente tantissimo calore al dissipatore. La costruzione del resistore utilizza una tecnologia che permette di ottenere un resistore rigorosamente anti-induttivo, con lo scopo di poterlo utilizzare in un ampio range di frequenza in quanto i suoi valori resistivi/induttivi cambino leggermente in funzione della frequenza di utilizzo. Per il montaggio di questi componenti si raccomanda di tenere i collegamenti quanto più corti possibili, per evitare di introdurre induttanze e capacità parassite.

Il resistore utilizzato (foto n.2) è stato prodotto dalla DICONEX in Francia, le caratteristiche per il modello 39-056 che ho utilizzato sono: Potenza 250W – Resistenza 50 ohm, temperatura di esercizio -55° + 150° C, temperatura derating a 250 W di 100° C, frequenza di lavoro dalla DC fino a 1000 MHz. La qualità è al top essendo costruito con specifiche adeguate a standard militari. Questo resistore è ideale per essere utilizzato in costruzioni elettroniche come in carichi per radiofrequenza da utilizzare in splitter, in combinatori oppure per tanti altri utilizzi nel settore della radiofrequenza. Mi permetto di suggerire di prestare parecchia attenzione durante la messa in opera del chip sul dissipatore perché i suoi terminali sono realizzati in sottilissima bandella di rame argentato e pertanto potrebbero spezzarsi facilmente in corrispondenza dell’attaccatura ceramica del chip.

Per procedere alla realizzazione di un dummy load occorre reperire un dissipatore dimensionato in modo tale che possa dissipare tutta la potenza di radiofrequenza che viene trasformata in calore dal resistore. Il suddetto dissipatore deve essere provvisto di alette di raffreddamento allo scopo di avere una bassa resistenza termica verso l’ambiente circostante, al fine di smaltire velocemente il calore emesso dal resistore stesso. Per questo scopo ho utilizzato un dissipatore di alluminio provvisto di alette e di una ventola di raffreddamento alimentabile a 12 V. Questo dissipatore, in precedenza, veniva utilizzato per raffreddare la CPU di un PC in disuso (foto n.3). 


Le misure del blocchetto di alluminio sono 76 x 60 x 40 mm. Ho previsto inoltre di utilizzare un piatto di rame da interporre fra il dissipatore ed il blocchetto metallico contenente il resistore. Le sue misure sono di 78 x 50 x 5 mm. L’alluminio offre il vantaggio di scaldarsi e raffreddarsi velocemente, inoltre se posto a contatto ad una barra di rame si va a migliorare l’effetto complessivo del raffreddamento. Il blocchetto contenente il resistore deve essere posizionato possibilmente nel baricentro della superficie del dissipatore e prima di unire i pezzi occorre spalmare per bene della pasta termo conduttiva sulle superfici di contatto. Inoltre, per massimizzare il contatto termico prima di unire i vari pezzi, è necessario levigare le superfici di contatto per renderle più lisce possibili. Queste operazioni sono molto importanti per fare in modo che il chip possa rimanere ad una temperatura sotto i 100° C con il 100% della potenza prevista pena la distruzione del chip stesso. Quando la ventola è in funzione è possibile smaltire il calore prodotto dal resistore anche per tempi relativamente lunghi, mentre con la ventola ferma e con il solo dissipatore, occorre procedere in modo che il calore prodotto sia per tempi brevi. Nel dimensionare il sistema di raffreddamento ho previsto di utilizzare il dummy load a piena potenza e con la ventola in funzione per tempi relativamente brevi per evitare di superare la massima temperatura consentita

Il resistore deve essere posizionato il più vicino possibile al connettore tipo “N” e pertanto occorre una disposizione semplice e funzionale. Allo scopo è stato utilizzato un adeguato blocchetto metallico all’interno del quale viene posizionato e fissato il resistore di potenza con in corrispondenza un connettore tipo “N”. (foto n.4) Il suddetto blocchetto è stato acquistato, per pochi euro, presso un espositore presente ad una fiera radiantistica. (foto n.5).

Le misure del blocchetto sono riportate nella (figura n.1). Il lavoro si completa centrando il piatto di rame sul dissipatore di alluminio e fissandolo con quattro bulloncini e viti filettate da 3MA. Sul piatto era giá stato fissato il blocchetto contenente al suo interno il relativo chip resistivo. Dopo aver unito i 


vari pezzi, il risultato finale è quello visibile nella (foto n.6).

 


Verifiche di funzionamento

Il primo passo é stato quello di misurare, in corrente continua, il valore della resistenza. Questa é risultata essere pari a 50,1 ohm e pertanto uguale al valore misurato prima di posizionare il resistore all’interno del supporto flangiato. In seguito ho eseguito alcune misure nell’intervallo della gamma di utilizzo del dispositivo. Queste misure sono il Return-Loss, per il quale userò l’abbreviazione di RL, ed il rapporto di onde stazionarie che sará abbreviato in VSWR. Per il test ho impiegato l’analizzatore di antenna della AAI mod. N1201SA. Questo strumento, dopo essere stato calibrato nell’intervallo di frequenza da 137,5 a 1000 MHz, è stato collegato al connettore “N” del dummy load. I valori misurati sono stati: Alla frequenza di 144.200 MHz, il RL è risultato di -34,68 dB corrispondente ad un VSWR di 1,037 (foto n.7). 

Alla frequenza di 432 MHz, il RL è risultato di -25,98 dB ed il VSWR di 1,105 (foto n 8). Infine a 1000 MHz il RL è risultato di -16,68 dB e VSWR di 1,342 da cui si evince, per questa frequenza, una situazione peggiore anche se sempre valida e comunque tale da confermare che il dummy load presenta le stesse specifiche del resistore utilizzato. Infine ho riscontrato che iniettando una potenza di 250 W alla frequenza di 144.200 MHz, dal dummy load  tornano indietro solamente 85,1 mW, mentre, sempre con la stessa potenza alla frequenza di 432 MHz tornano indietro 630 mW. La verifica termica l’ho eseguita collegando il dummy load al mio TX mediante uno spezzone di cavo coassiale. Inizialmente ho applicato per 10 secondi una potenza di 50 W alla frequenza di 144.200 MHz, in questo modo il piatto in rame era passato dalla temperatura ambiente alla temperatura di 40°C, mentre il dissipatore di alluminio a 35°C. Successivamente ho applicato 200 W per 10 secondi alternando delle pause della stessa durata. Ho proseguito per altre dieci volte alternando ancora 10 secondi di key down e 10 secondi di pausa; in queste condizioni la temperatura del piatto era attorno ai 50°C mentre il dissipatore di alluminio rimaneva tiepido perché raffreddato in continuazione dalla ventola.

  Dummy Load da 50 W – 50 ohm DC- 500MHz

Per questa realizzazione ho utilizzato un resistore a strato di carbone a forma di “mattonella” di colore marrone da 50 ohm – 50 W, dalle dimensioni di 51 x 36 x 8,5 mm, che ho ritrovato in mezzo alle mie vecchie cianfrusaglie elettroniche. Ricordo di aver comprato quattro di questi resistori, più di quaranta anni fa, presso un noto rivenditore di materiale elettronico di Firenze. Questo negozio esiste ancora anche se ubicato ad un indirizzo diverso da quello dove mi recai quella volta. Acquistai quattro resistori con l’intento di realizzare un carico per HF da 200 W – 50 ohm che si poteva ottenere collegando i quattro resistori in serie/parallelo fra di loro. Il progetto non fu mai realizzato per scarso interesse alle HF e fu così che due di questi resistori li cedetti ad un amico mentre i due restati rimasero, per tanto tempo, all’interno della busta intestata del rivenditore. (foto n.9).


Per questo tipo di resistore, realizzato su base ceramica, disponevo solamente di poche informazioni e nonostante questo decisi di utilizzarlo in ambito VHF/UHF perché ero convinto che se fosse stato montato seguendo la logica dei montaggi per radiofrequenza avrebbe potuto funzionare assai bene fino a frequenze abbastanza alte dell’ordine di 0,5 GHz. Tale resistore doveva essere inserito all’interno di un contenitore metallico con lo scopo di mantenere la sua impedenza costante lungo tutto il percorso della radiofrequenza. Questo perché un’eventuale onda riflessa generata dalla disuniformità di impedenza avrebbe reso il carico stesso utilizzabile solamente in ambito HF. Inoltre era molto importante, dopo il montaggio, verificare il comportamento del dummy load allo scopo di procedere ad una eventuale compensazione delle induttanze residue o delle capacita fra il resistore e la massa. Si trattava comunque di eseguire semplici operazioni che mi intrigavano al punto di voler verificare subito tutto ciò che avevo considerato. Così preparai immediatamente quel poco di materiale che occorreva per realizzare questo tipo di dummy load.(foto n.10)

Il suddetto resistore è stato fissato sul fondo del contenitore Teko mod. 371 avente dimensioni di 54 x 50 x 26 mm, mediante due bulloncini da 3 MA. Allo stesso modo con altri due bulloncini ho fissato il dissipatore di alluminio, avente le dimensioni di 58 x 50 x 20 mm, sul fondo dello stesso contenitore ma dalla parte opposta dello stesso. Ricordo che anche per questa realizzazione deve essere utilizzata, fra le superfici poste a contatto fra di loro, della pasta termo-conduttiva ben spalmata. Infine ho completato il lavoro collegando un capo del resistore a massa mentre l’altro capo, mediante una paglietta di rame argentato, l’ho collegato all’ingresso del connettore BNC femmina da pannello. (foto n.11)

  Verifiche di funzionamento

Terminato il montaggio, ho provveduto immediatamente a misurate il valore del RL per le due frequenze che ho previsto di usare prevalentemente. Vale a dire a 144.200 MHz il valore misurato del RL è stato di -27,01 dB corrispondente ad un VSWR di 1,093, mentre alla frequenza di 432 MHz il RL misurato è stato di -15,22 dB corrispondente ad un VSWR di 1,419. (foto n. 12 e 13).



I valori riscontrati del RL e del VSWR sono da considerare ottimi alla frequenza dei 144.200 MHz ma scarsi alla frequenza di 432 MHz. Questo aspetto è visibile sullo schermo grafico dello strumento così come mostrato dalle corrispondenti rette che invece di essere abbastanza lineari sul piano orizzontale presentano una discreta pendenza verso l’alto. Occorreva pertanto procedere, come avevo previsto, ad eseguire una compensazione induttiva/capacitiva al resistore al fine di migliorare il RL alle frequenze più alte. Ho eseguito un primo intervento posizionando, su due bordi del resistore, un sottile foglio di lamierino in ferro che ho stagnato all’interno delle corrispondenti pareti del contenitore Teko. Dopo questo intervento, il RL ed il corrispondente VSWR era già migliorato. Un secondo intervento di compensazione è stato quello di mettere in serie al resistore una piccolissima induttanza allungando di poco il conduttore che provvedeva ad unire il terminale del resistore all’ingresso del connettore BNC. Dopo alcuni tentativi il risultato migliore è stato quello di aggiungere circa 5 mm di conduttore del diametro di 1 mm. Dopo aver chiuso il coperchio del contenitore, i nuovi valori misurati sono stati: 1) alla frequenza di 144.200 MHz il RL è risultato di -25,07 dB corrispondente ad un VSWR di 1,118 (foto n.14);

2)alla frequenza di 432 MHz il RL è risultato di -23,75 dB ed il VSWR di 1,138 (foto n.15) valori che dopo la compensazione mostrano un notevole miglioramento del RL alla frequenza di 432 MHz a scapito di un leggero peggioramento del RL alla frequenza di 144.200 MHz. Tutto questo è visibile sullo schermo grafico dello strumento dove la retta si presenta, in questo caso, molto più lineare sul piano orizzontale. Il risultato ottenuto dipende essenzialmente dal tipo di contenitore utilizzato e dal tipo di connettore usato.

Comunque posso affermare che i valori ottenuti sono ripetibili poiché ho realizzato con l’altro resistore che avevo un secondo dummy load, che se pur realizzato all’interno di un contenitore leggermente differente (foto n.16), mi ha permesso di ottenere circa gli stessi valori in termini di RL ed VSWR. Quanto ottenuto puó essere considerato un risultato interessante dato che il RL intrinseco del solo resistore, misurato alla frequenza di 100 MHz, era stato di -22 dB. E’ evidente che le compensazioni  induttive/capacitive sulle modalità di montaggio del resistore consentono di poter utilizzare questi ultimi due dummy load fino alla frequenza di 500 MHz.


 Conclusioni

Il mio interesse di fare esperienza con questi dispositivi ha avuto un riscontro positivo in quanto corrispondente alle mie esigenze. Anche se, durante un uso prolungato, la temperatura dei dissipatori aumentava, il VSWR rimaneva stabile. Le verifiche hanno confermato che sono indispensabili adeguati dissipatori in alluminio, provvisti di alette di raffreddamento. Allo stesso modo è indispensabile la ventola che ho montato sul dummy load della potenza di 250 W. Per quest’ultimo ho riscontrato che, a piena potenza, con la ventola continuamente in funzione la temperatura del dummy load restava contenuta all’interno delle specifiche del resistore. Mi auguro che questa semplice descrizione sia di interesse per gli  appassionati di radiocostruzioni come lo sono io.   

                                                                                                             i4civ.onorio@gmail.com

La presente descrizione è stata pubblicata su RadioKit Elettronica del mese di marzo 2022 a pag. 40     

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