Accoppiamento di due antenne Yagi da 5 elementi con impedenza di 25 ohm

  

                            
    

Accoppiamento di due antenne Yagi da 5 elementi con impedenza di 25 Ω

Come realizzare un efficiente e compatto array per i 2m

 Onorio Cenni I4CIV

 

Premessa

Nell’impiego delle antenne Yagi, il cui nome deriva dai suoi inventori Hidetsugu Yagi e Shinitaro Uda che la inventarono nel 1926, quando desideriamo avere guadagni più elevati rispetto ad una singola antenna, l’unica soluzione accessibile consiste nell’accoppiare fra loro due o più antenne, opportunamente distanziate ed alimentate con la giusta fase al fine di ottenere le prestazioni desiderate. La condizione di massimo guadagno si ha quando si accoppiano antenne identiche e quando queste sono attraversate da una corrente della stessa fase e della stessa ampiezza. La messa in opera di più antenne accoppiate può essere realizzata partendo dalle onde corte fino alle microonde ovunque sia richiesto un buon guadagno ed una buona direttività. Gli accoppiamenti multipli restano più facili da realizzare per quelle antenne  che lavorano nel segmento V-U-SHF in quanto avendo minori dimensioni si possono realizzare array che occupano spazi sufficientemente ridotti.

Configurazioni di più antenne vengono definite comunemente stacking, le combinazioni tipiche avvengono nel modo in cui le antenne si possono accoppiare. Le configurazioni base sono:

-          due antenne accoppiate nel piano orizzontale,  vale a dire che le antenne sono posizionate una a fianco all’altra o appaiate;

-          due antenne accoppiate nel piano verticale, vale a dire messe una sopra l’altra o sovrapposte.

Le altre soluzioni, più complesse, derivano dalla combinazione di queste due.

Dovendo realizzare uno stacking è molto importante definire le corrette spaziature fra le singole antenne per poter ricavare il massimo guadagno e nel contempo mantenere i lobi laterali del sistema ad un livello accettabile; allo stesso modo vanno ottimizzati altri parametri importanti come la temperatura di rumore complessiva del sistema. Circa le modalità di collegamento ed alimentazione delle singole antenne, occorre tenere presente che accoppiatori mal progettati potrebbero ridurre sensibilmente il guadagno complessivo.

Tralascio i particolari in quanto la letteratura su questi argomenti è molto vasta e per questo rimando la consultazione dell’ARRL Antenna Book (quello che una volta veniva definita la Bibbia delle antenne per gli OM), oppure di effettuare una ricerca in rete WEB allo scopo di visionare e reperire utili informazioni rivolte alla realizzazione dei propri progetti. Abbiamo parecchio spazio per la ricerca potendo studiare e indagare pur sapendo che, al giorno d’oggi, non s’inventa più nulla se escludiamo i grandi centri di ricerca. La conoscenza e la voglia di fare ci permette comunque di realizzare tutti i nostri progetti e di farli funzionare nel migliore dei modi.

Queste ed altre considerazioni mi hanno dato l’input necessario per realizzare uno stacking da utilizzare per i 2 m.

Mi sono dato pertanto un obiettivo che preveda:

1)      La realizzazione di un piccolo stacking composto da due antenne Yagi di lunghezza massima ciascuna di 2 m da accoppiare sovrapposte fra di loro sul piano verticale ad un distanza massima di 2,3 m.

2)      Un discreto guadagno complessivo stimabile attorno ai 12 dBd.

3)      Un lobo di radiazione sul piano E abbastanza largo e stimato a circa 50° a -3dB che meglio si adatta per un attività in contest con lo scopo di aumentare l’area di ricezione e trasmissione e non avere un puntamento critico.

4)      Un lobo di radiazione sul piano H piuttosto stretto comunque non maggiore di 30°  a -3 dB per non inviare energia sul piano verticale.

5)      La massima leggerezza, senza nulla togliere ad una adeguata resistenza di tutto il complesso spesso soggetto a forti folate di vento.

6)      Le minori perdite del sistema di accoppiamento e la ricerca di una trasformazione di impedenza ottimale.

Definiti questi sei obiettivi principali vediamo di esaminare le possibili soluzioni.

Il punto 1) può essere soddisfatto mediante la realizzazione di una Yagi composta da 5 elementi che, se ben progettata, sarà in grado di fornire il guadagno richiesto pur rimanendo all’interno della misura prevista. Circa l’altezza di sovrapposizione delle due antenne, potendo ipotizzare un guadagno teorico di una singola antenna pari a circa 9 dBd, l’interasse massimo potrebbe essere di circa 2,3 m: questa distanza può essere  ridotta mediando un compromesso fra guadagno e lobi secondari.

Con le soluzioni esposte al punto 1), il punto 2) viene di conseguenza soddisfatto perché si aggiungono altri 3 dB forniti dalla seconda antenna.

I punti 3) e 4) dipendono dalla progettazione dell’antenna per cui i grafici di radiazione relativi ai piani H - E si possono modificare entro certi limiti.

Il punto 5) che fa riferimento alla leggerezza ed alla robustezza trova un valido riscontro dalle precedenti esperienze costruttive.

L’ultimo punto mi ha impegnato di più nonostante avessi in passato utilizzato sia accoppiatori da 50 Ω, a più porte, che quelli realizzati utilizzando cavi coassiali, ma poiché non avevo fatto dei confronti non ero in grado di valutare al meglio. Ho dovuto però scartare la possibilità di impiegare un accoppiatore a 2 porte con 50 Ω di impedenza per ragioni di peso e di costo, valutando solamente la soluzione che utilizza i cavi coassiali e che fosse la più adatta  a garantirmi il miglior risultato.

 

Nella figura n. 1 è riportato lo schema di un trasformatore lungo multipli dispari di λ/4, alla frequenza di lavoro, moltiplicato per il fattore di velocità del cavo. Lo schema è abbastanza semplice, il trasformatore è costituito da due spezzoni di cavo coassiale con impedenza caratteristica uguale a 50 Ω, che da un lato hanno entrambi i terminali in comune, mentre gli altri due estremi vanno collegati ai due dipoli; in questo modo le due antenne sono collegate direttamente, cioè senza altri cavi di interconnessione.

Applicando l’equazione del quarto d’onda nel tratto A A’ (il procedimento è identico per B B’) si avrà la seguente relazione:

Z linea = Radice quadrata di Z in - Z out      

dove:

- Zlinea è il valore dell’impedenza che vogliamo ricavare;

- Zin è il valore di impedenza all’ingresso del cavo;

- Zout è il valore di impedenza all’altro estremo del cavo.

 

L’adattamento al quarto d’onda coassiale avrà una impedenza pari alla media geometrica fra quella di entrata e quella di uscita. Nel caso che la Zin  sia 25 Ω e la Zout sia 100 Ω dal calcolo della suddetta equazione otterremo che il valore di Zlinea sarà pari a 50 Ω e quindi per la realizzazione dello stub potremo utilizzare un cavo coassiale con impedenza caratteristica di 50 Ω.  Si dimostra così che i 25 Ω presenti sul dipolo di ogni antenna, si trasformano sia in A’ che in B’ in una impedenza di 100 Ω in modo tale che unendo queste due estremità, nel punto di giunzione dei due cavi, si avrà Z = 50 Ω, valore uguale all’impedenza del cavo di discesa.

La scelta di impiegare lo stub è stata dettata dalla sua efficienza, il doppio stub a λ/4 non presenta elementi dissipativi (se si trascurano le perdite nei cavi, in ogni caso molto piccole viste le dimensioni in questione) si può ritenere abbia una efficienza unitaria. Inoltre va presa in considerazione la semplicità di realizzazione e mettere in conto anche un altro elemento a favore dello stub che è quello di richiedere una quantità di cavo coassiale minore.

Avendo previsto l’autocostruzione delle antenne, e quindi non essendo vincolato, entro certi limiti, al valore tipico di 50 Ω di impedenza, le antenne si possono progettare per una impedenza di 25 Ω, vale a dire con lo stesso valore di impedenza che occorre per questo tipo di accoppiamento.

Fissati gli obiettivi, verificate le possibili soluzioni e, prima di procedere alla realizzazione dei progetto, resta utile procedere ad una ulteriore un’analisi in grado per meglio apprezzare la bontà del progetto e, se del caso, eliminare possibili errori di valutazione. Le conferme, come ho detto precedentemente, possono essere effettuate in vari modi. Se ci affidiamo alla rete Web consiglio l’ottimo sito di DK7ZB (1) che tratta la progettazione delle antenne e che resta uno dei miei preferiti.

In pratica ho trovato, nel sito, parecchie informazioni utili alla realizzazione del progetto. Purtroppo la mia indole è molto simile a quella di S. Tommaso, per cui ho il desiderio di verificare e toccare con mano le soluzioni proposte. Vale a dire che sono più sicuro, della validità del progetto, solo dopo aver avuto una conferma, ma soprattutto per apportare semplici modifiche che meglio si adattano alle mie esigenze. Resta inteso che le antenne proposte funzionano veramente bene e pertanto va fatto un grande plauso all’autore. 

                                                     

Ho inserito nel programma di simulazione Yagi Analysis Ver. 3.54, molto semplice ed affidabile (anche se questa versione non è stata più aggiornata da parecchi anni) i dati di un antenna da 5 elementi con impedenza da 25 Ω. Ho riscontrato però che la risonanza di frequenza era leggermente spostata più in alto rispetto a quella di mio interesse a 144,300 MHz e pertanto ho apportando una piccola variazione sulla lunghezza del dipolo e del 1° direttore; dopodiché il risultato ottenuto era più prossimo alla risonanza voluta (foto n.1). Di seguito oltre al guadagno e ad altri parametri ho ricavato i diagrammi di radiazione sia sul piano E (foto n.2) che su quello H (foto n.3). 

        

Allo stesso modo ho verificato i risultati che si possono ottenere accoppiando, sul piano verticale, due di queste antenne. Il miglior guadagno si ha con una spaziatura pari a 215 cm. Riducendo la distanza a 210 cm (valore che ho utilizzato) ho riscontrato una leggera diminuzione del guadagno complessivo ed una modesta riduzione dei lobi secondari. (foto n.4).

 

Risultati ottenuti:

1 Antenna: G = 9,15 dBd - F/B = 24,1 dB - E plane = 47,3° - H plane = 57,14° impedence = 24,16-J.93 Ω.

2 Antenne: G=12,13 dBd - F/B = 26,06 dB - E plane = 47,3° - H plane = 26,06° impedence = 24,2-J.95 Ω.  

Il total noise temperature, calcolato dal programma, per le due antenne accoppiate è 217,34 K e G/T (db) -9,27, mentre per una singola antenna abbiamo 219,24 K e G/T (dB) -12,11.

Poiché l’attacco del dipolo dell’antenna è bilanciato, mentre i cavi coassiali sono asimmetrici un collegamento diretto fra di essi, anche se possibile, provoca perdite supplementari e distorsioni del fascio. Per evitare ciò si deve usare un bal-un (trasformatore bilanciato-sbilanciato) rapporto 1:1 per la soppressione del modo comune della corrente, vale a dire evitare che il cavo coassiale irradi. Fra le diverse soluzioni possibili ho voluto testare quella che utilizza uno spezzone di cavo coassiale avvolto su di un supporto di materiale isolante. Ho realizzando pertanto una bobina senza nucleo che non trasforma l’impedenza, ma effettua solamente il bilanciamento.

Dimensioni del coke: 4,5 spire di cavo coassiale RG58 lungo 44 cm, avvolto su di un supporto in PVC del diametro esterno di 21 mm lungo 37 mm (foto n.5)


Calcolo lunghezza dei cavi di accoppiamento alla frequenza di 144,300 MHz

Per determinare la lunghezza dei cavi di accoppiamento alla frequenza di 144,300 MHz, si procede determinando la lunghezza d’onda λ in aria in base alla seguente relazione:

Lambda = C/f = 300000/144300 = 2,079 m

dove:

-         c è la velocità della luce nel vuoto pari a 300.000 km/s;

-          f è la frequenza di lavoro in MHz.

 Pertanto risulta in aria: 

Lambda/4 = 0,52 m

Dopodichè si procede a comparare la lunghezza d’onda in aria a quella del cavo tipo RG213 o RG58 preso in considerazione. Tali cavi sono caratterizzati da un fattore di velocità Fv=0,66. Si ha quindi:

Fra parentesi graffa Lambda/4 = Fra parentesi graffa Lambda per Fv

Da cui risulta che Lambda/4 del cavo vale:

 0,52 per  0,66 = 0,343 m

I due trasformatori non potranno essere lunghi 34,3 cm l’uno, altrimenti le due antenne sovrapposte sarebbero troppo vicine. Occorre moltiplicare la lunghezza dei due trasformatori per un numero multiplo dispari e cioè per 3 o per 5 a seconda della spaziatura prevista. La lunghezza del cavo più conveniente per la spaziatura di 210 cm è quella corrispondente a 5 λ e quindi 34,3 x 5 = 171,53 cm per ogni spezzone. La misura dei cavi deve essere rigorosa e va presa fra calza e calza  partendo dal connettore N fissato al centro del box stagno verso gli altri estremi che vanno collegati ai dipoli; con ciò è assicurata la corretta distribuzione delle potenze a ciascun ramo dell’impianto, ricordando che i due trasformatori debbono avere la stessa identica lunghezza, pena sfasamento dei rispettivi segnali.  Dei 171,53 cm, ne occorrono 44 cm per la realizzazione del coke per il quale useremo del cavo coassiale RG58 più flessibile e più adatto per essere avvolto, mentre per la restante differenza pari a 127,53 cm useremo del cavo coassiale RG213 che presenta minori perdite rispetto al cavo con il diametro esterno inferiore (figura n.2).

 

Prima di procedere alla realizzazione della parte hardware delle antenne ho preferito realizzare gli accoppiatori ed i relativi coke in maniera volante per verificarne il corretto funzionamento. Tale verifica risulta necessaria in quanto pur cercando di rispettare al meglio le misure fornite dal calcolo, può succedere che all’atto pratico ci siano delle differenze dovute alle tolleranze dell’impedenza, al fattore di velocità dei cavi ma soprattutto una non corretta lunghezza degli stessi. In questi casi potremmo avere delle sorprese, in particolare quando si tagliano i cavi coassiali dopo aver eseguito una misura “metrica” fatta cioè con il metro anziché quella più precisa che potremmo ottenere in seguito ad una misura strumentale mediante un analizzatore di reti. Il corretto funzionamento dell’accoppiatore può essere verificato eseguendo questo test. Servono quattro resistenze antinduttive a strato di carbone da 47 Ω, 1 W con una buona tolleranza da scegliere fra un campione quelle che si avvicinano di più ai 50 Ω; le stesse, messe in parallelo a due a due, ci forniscono un carico del giusto valore pari a 25 Ω. I due carichi resistivi dovranno essere collegati ai due estremi dei coke (figura n.3) 

 

per simulare l’impedenza di 25 Ω di ciascun dipolo delle antenne che successivamente andremo a collegare al posto delle resistenze. Una volta fissati i due carichi bisogna collegare al connettore N del box centrale un analizzatore di antenna MFJ 259B  sintonizzato a 144,300 MHz. Lo strumento dovrebbe indicare una impedenza prossima ai 50 Ω resistivi e con una reattanza X vicina il valore zero e quindi con un SWR 1:0. Se i valori riscontrati dovessero essere differenti, variando la frequenza fornita dall’analizzatore, più in alto o più in basso rispetto alla frequenza di progetto, saremo in grado di trovare il punto esatto dove la linea coassiale adatta meglio. Nel caso decidessimo di fare una misura “metrica” conviene sempre tagliare i due spezzoni del cavo RG 213 leggermente più lunghi del previsto e procedere ad accorciare gli stessi in parti uguali da entrambe le parti fino a raggiungere il miglior adattamento di impedenza. Sul mio MFJ ho letto R=51 Ω e X=1 Ω SWR 1:0 (foto n.6).

                                                             

Nella fase  successiva, dopo aver riscontrato il corretto funzionamento dell’accoppiatore, possiamo completare il lavoro in maniera definitiva inserendo ciascun coke all’interno di un piccolo box in PVC, dalle misure 85 x 56 x 35,5 mm della Teko modello P/1.10 (foto n.7) che sorregge anche  il dipolo dell’antenna sul boom. I coke sono collegati a ciascun dipolo, per mezzo di due piccoli capicorda fissati con due viti da 2 MA agli elementi del dipolo; l’altro estremo del coke va saldato al cavo coassiale RG 213 che entra forzato all’interno del box per 1,5 cm; la cima di questo cavo va fissato allo stesso box con un piccolo collare onde evitare che eventuali sollecitazioni meccaniche possano tirare e danneggiare la giunzione. I due cavi RG 213 che escono dai box andranno collegati, fra di loro, in parallelo all’interno del box centrale provvisto di un connettore N con uscita a 50 Ω. Con le giunzioni ben saldate e molto corte e facendo in modo che la saldatura alla calza sia simmetrica, le perdite per disadattamento sono contenute. Tutte le saldature all’interno del box sono state protette da uno strato di smalto bianco; per questo ho acquistato una boccettina di un prodotto solitamente utilizzato per fare i ritocchi allo smalto alle vecchie vasche da bagno. Per mezzo del suo pennellino in dotazione ho coperto le parti da proteggere in maniera molto pulita e senza sporcare inutilmente le zone circostanti. Il coperchio originale del box è stato sostituto con uno realizzato in vetroresina che mi ha permesso di rendere la scatola perfettamente stagna. Naturalmente ho realizzato, dalla parte rivolta verso il basso ed in posizione tale che non possano penetrare eventuali spruzzi di pioggia, alcuni forellini per evitare la formazione di condensa all’interno del box. Le soluzioni esposte, già attuate in precedenti realizzazioni, hanno dimostrato anche con il passare del tempo la loro validità.

                                                      

Per quanto riguarda la giunzione dei due cavi RG 213 ho utilizzato un connettore N femmina di “marca” fissato al centro del box che è uguale a quello utilizzato per sorreggere i dipoli (foto n.8). Anche per questo box occorre mettere in atto gli stessi accorgimenti per evitare la penetrazione della pioggia e la formazione di condensa al suo interno. Le giunzioni, realizzate mediante una saldatura ben fatta, mi hanno fatto risparmiare  quattro connettori N femmina ed altrettanti connettori N maschio con un conseguente un risparmio sui costi di acquisto degli stessi (foto n.9). Questa soluzione ha ridotto il peso di tutto sul sistema senza aumentare le perdite per attenuazione che avremmo comunque avuto pur utilizzando dei connettori di buona qualità. 

                                                     

                   

 Realizzazione delle antenne

Forte una precedente esperienza positiva ho costruito queste antenne allo stesso modo di quelle che avevo realizzato diversi anni fa e descritte su Radio Kit Elettronica n. 2/2017. Per gli elementi ed il dipolo ho utilizzato del tondino di alluminio del diametro di 4 mm (foto n.10), mentre per il boom  anche questa volta ho utilizzato un tubo di alluminio del diametro di 20 mm recuperato da una vecchia 11 elementi Fracarro in disuso. Anche i supporti in PVC (foto n.11) sono gli stessi che ho usato nella precedente realizzazione. Queste antenne sono leggerissime, tanto ognuna pesa poco più di 600 g, pur mantenendo una buona resistenza meccanica.

                                                                    

Messa a punto delle antenne

I controlli finali in uno stacking di antenne presuppongono, perché si possa contare su di un risultato positivo, l’esecuzione di accurati controlli iniziali. Questo significa che ogni pezzo della struttura deve essere controllato in maniera metodica. 

                                                        

Per questo scopo ho utilizzato un supporto provvisorio (foto n.12) composto da una scala di legno tenuta aperta a libro sulla cui sommità ho fissato un palo trasversale sul quale, alle sue estremità, si posizionano le due antenne. Poiché le antenne debbono essere provate singolarmente si fissa inizialmente una sola antenna con il dipolo collegato ad un estremo del cavo di accoppiamento, mentre sull’altro estremo del cavo si deve collegare provvisoriamente un carico di 25 Ω costituito da due resistenze antinduttive in parallelo da 50 Ω che andranno a simulare la stessa impedenza dell’antenna mancante. Ho utilizzato il solito analizzatore MFJ per verificare il corretto adattamento di impedenza dell’antenna in prova che non dovrebbe scostarsi dai valori letti precedentemente, quando entrambi i carichi erano costituiti dalle resistenze antinduttive. Diversamente conviene procedere ad un aggiustamento agendo sulla lunghezza del dipolo o variando la distanza fra il primo direttore ed il dipolo. Ottenuto il miglior SWR, si collega al posto del carico resistivo, l’altra antenna ripetendo la stessa procedura di messa a punto (foto n.13)

                                                              

Segnalo, per il solo scopo didattico, che l’inserzione di un piccolo blocchetto di ottone delle misure di 4x4 mm fissato mediante una vite sulle due estremità dei dipoli permette un leggero spostamento della risonanza delle antenne verso il basso. In pratica senza l’ausilio dei blocchetti la risonanza è esattamente a 144,500 MHz con R = 50 Ω e X = 0 e SWR 1:0 e Return-loss di 26 dB, con l’inserzione dei blocchetti la risonanza si abbassa a 144,350 MHz  con a R = 49 Ω e X = 5 e SWR 1:1 mentre il Return-loss si abbassa a 22 dB. (foto n.14) In ogni caso bisogna essere assolutamente certi che le due antenne siano alimentate dallo stesso lato cioè in modo che non si verificano degli sfasamenti di 180°. Ciò comporterebbe deformazioni anche notevoli nel diagramma di irradiazione. Dopo aver eseguito queste prove, il controllo più efficace consisterà nel misurarne il guadagno e gli angoli di irradiazione cioè la larghezza del fascio orizzontale e verticale. Quest’ultima verifica è stata fatta solo dopo aver fissato definitivamente le antenne sul tetto.  

                                                      

Conclusioni

Queste antenne installate sul tetto di casa (foto n.15) hanno pienamente soddisfatto l’obiettivo che mi ero assegnato in fase di progetto. All’atto pratico questo piccolo array, progettato e realizzato con cura, mi permette di fare attività radio ad un buon livello nonostante le dimensioni contenute ed un costo, per realizzarlo, estremamente ridotto.  

Auguro un buon lavoro.

i4civ.onorio@gmail.com

 

 

Riferimenti:

(1)     http://www.qsl.net/dk7zb/

La presente descrizione è stata pubblicata su Radio kit Elettronica anno 2018 nese di giugno a pagina 18                                  

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